Misterbianco sciolto per mafia, Di Guardo grida al complotto

Di Mario Barresi / 02 Novembre 2019

Catania. Sul display, per la quinta volta in un’ora, c’è il suo nome: Nino Di Guardo, “sindaco di Misterbianco”. In rubrica manca ancora la parola “ex”. Rispondiamo alla telefonata.

Dolcetto o scherzetto?

«Non c’è niente da scherzare, amico mio… Lo scherzetto me l’hanno già fatto, a me e a tutta Misterbianco. Quando è uscita la relazione sullo scioglimento sono stati subito i Morti: hanno ucciso la democrazia!».

La relazione cita molti elementi oggettivi sulle infiltrazioni mafiose a Misterbianco.

«Macché elementi oggetti, non c’è una sola prova… Alla fine pare che Misterbianco è mafiosa perché Di Guardo ha fatto il sindaco per diciott’anni. Io sono stato eletto dal popolo, orgoglioso di averlo servito. Mi ricandiderò e rifarò il sindaco, morirò con la fascia tricolore addosso».

Questa l’ha già detta. Ma perché invece non ammette, per la prima volta, di non essersi accorto di ciò che magari accadeva alle sue spalle?

«Perché non è successo niente! Le rivelo una cosa: sto scrivendo l’ultimo capitolo di un pamphlet dal titolo “Un crimine di Stato”. Sottotitolo: “Cronaca di un delitto perfetto”».

Un giallo? L’assassino stavolta non è il maggiordomo?

«Svelerò cosa c’è dietro lo scioglimento per mafia di un’oasi di felicità. Mi faccio delle domande e mi do delle risposte».

Come Gigi Marzullo…

«Nel libro spiego perché sono vittima di un complotto. Il prefetto Sammartino ha preso un abbaglio, ma è stato influenzato. Prima dalla Lega: l’ex sottosegretario agli Interni, Candiani, lo incalza sulla “legalità” a Misterbianco, a sua volta pressato dal sindaco leghista di Motta, Carrà, amico dei signori della discarica che mi vogliono morto. Poi il senatore grillino, Giarrusso, provoca il prefetto: scioglierà Misterbianco, dove il vicesindaco arrestato è vicino al nipote, il deputato Sammartino? Vero è: in giunta me lo indicò lui. Luca mi appoggiò alle elezioni: col Pd ero candidato. Ma non ci parliamo da mesi, non mi rispondeva più al telefono. Provò a dirmi di “andarci più leggero” sulla discarica. Ma con me toccano duro, come quella volta che, alla festa di Sant’Antonio, feci alzare dalla prima fila delle autorità il senatore Sudano, seduto con Proto e Coppola».

Divaghiamo. Venga al punto.

«E se, per rispondere agli uomini del ministro Salvini e per dimostrare la sua imparzialità ai grillini, il prefetto avesse cinicamente condannato il mio comune senza uno straccio di prova? L’ultima volta che lo vidi gli dissi di non farsi condizionare dagli impostori e lui mi rassicurò: “Stia sereno”…».

È tutto un suo teorema. La relazione è piena di prove. Lei ha pure intitolato una via al cognato di un boss…

«Non lo sapevo. E poi era un pentito. Ma per me Pinieri, che non è mai stato il mio autista, era l’operaio-galantuomo, un eroe, un esempio da additare alle giovani generazioni».

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Pubblicato da:
Redazione
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