Misterbianco, il clan festeggiava e pensava agli appalti: «Ora i quartieri sono cosa nostra»

Di Mario Barresi / 23 Novembre 2018

Ma per entrarci, in municipio, la cosca ha partecipato alle elezioni. Nel 2012 con la “Lista Santapaola”, che prendeva il nome proprio dall’arrestato, schierata con Nino Di Guardo, incassò 1.923 voti, eleggendo tre consiglieri. Non Alfio Saitta, arrestato mercoledì per associazione mafiosa e ritenuto socio d’affari dei Placenti: per lui appena 78 voti, nonostante i sodali intercettati lo ritenessero «un candidato forte». Ma quello che conta – anche per il gip che parla di «interesse del gruppo criminale per i risultati elettorali nonché il diretto interessamento di esponenti mafiosi nelle liste elettorali» – è il gioco di squadra. Intercettati a spoglio in corso, i sodali rassicurano Vincenzo Placenti: «Come sindaco è sicuro Di Guardo». Ma la priorità è la lista di Santapaola: «Di noialtri non si sa niente?», chiede il boss. A cui rispondono: «Forte sta camminando Riolo, a bomba mbare». Proprio sul nome di Riolo, in un’intercettazione, si fa riferimento a una sorta di contesa con Angelo Lombardo, fratello dell’ex governatore Raffaele, a cui Santapaola era «fedele», per usare le parole di Vincenzo Placenti che definisce l’ex deputato Mpa «infiltrato» a Misterbianco grazie a un soggetto «con la tigna» che «assegna i turni». Lombardo Jr., secondo Placenti, avrebbe fatto assumere Angelo Riolo (non identificato, gli inquirenti ritengono si tratti di Domenico), Gaetano Furia (un altro candidato nella lista di Santapaola) e Giuseppe Placenti in ditte di facchinaggio e di smaltimento rifiuti, queste ultime legate alla Oikos. Ma poi qualcosa si rompe: i tre non lavorano più e Lombardo prova a «fàrici i scappi a Melo», entrando in rotta di collisione con Santapaola. Che, infatti, da cinque anni, ammette di «sostenere il progetto di Luca Sammartino», deputato regionale del Pd, nemmeno citato nelle carte dell’indagine.

Ma al 2012. Dopo la vittoria si fa festa (una «mangiata a Lineri con 50 chili di salsiccia»), ironizzando su un manifesto che una candidata eletta nella lista (Giuseppa “Gisa” Vittorio, estranea all’indagine) ha fatto affiggere per ringraziare gli elettori. «Gli ha fatto scrivere “grazie!” e noialtri che ci dobbiamo mettere allora?», domanda Placenti. «Prego!», gli rispondono riferendosi alla presunzione che «noialtri siamo stati determinanti, la bilancia è caduta cca’ bbanna». E si fanno progetti. Come quello di una coop acchiappa-fondi: «Noi la facciamo e ci fanno vincere gli appalti – scandisce Placenti – e ora il trucco è che a Misterbianco se la sbriga Di Guardo, noi non ci mettiamo nemmeno piede. Poi quello che è Lineri, Montepalma, Belsito, Poggiolupo e Serra è cosa nostra…».

Le indagini su mafia e scommesse si fermano a un certo periodo. Ma la «permanente attività» dei Placenti, secondo il gip, ha «una sua estensione», in termini di «elevatissima probabilità» fino al 2016/17. Adesso il punto è: questa «attività», sempre tramite Santapaola e i suoi, continua anche sul fronte del condizionamento dei risultati alle urne e dell’infiltrazione nelle istituzioni? La lista “Unione per Misterbianco-Santapaola” nel 2017 incassò 2.063 voti, pari all’8,4%. Percentuale non decisiva alla vittoria di Di Guardo. Ma il diretto interessato, intercettato, si autodefinisce «valore aggiunto, toglici duemila, mettiglieli ddabbanna e sono quattromila e hai perso!». Non fa una grinza.

Basta tutto ciò per ipotizzare lo scioglimento per mafia di Misterbianco? La domanda, per ora, resta senza risposta. Così come i legittimi dubbi sull’influenza che quel «simpaticone, ben educato» (Di Guardo dixit) di Santapaola ha avuto in passato – remoto e prossimo – con il suo pacchetto fisso di duemila voti. Usati non soltanto per le elezioni comunali.

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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