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«Mio figlio è cosa nostra» sui manifesti 6 x 3 tra Giarre e Riposto: chiesti 16 anni per mafia per Francesco Rapisarda

La requisitoria dei pm di Catania: «E' organico al clan Laudani»

Di Mario Previtera |

Nel settembre del 2015, Giarre fu scossa da una vicenda che fece rapidamente il giro d’Italia: l’annuncio del battesimo di un bambino. Gigantografie di sei metri per tre, affisse in decine di punti tra Riposto e Giarre, ritraevano il piccolo con una coppola in testa, accompagnato dalla frase “Questa creatura meravigliosa è cosa nostra”.

Il padre del bambino era Francesco Rapisarda, già noto alle forze dell’ordine per i suoi legami con la criminalità organizzata. Il clamore suscitato da quei manifesti, in puro stile “Casamonica”, fu immediato.

Le autorità intervennero prontamente, disponendo la rimozione dei cartelloni e aprendo un’indagine. La vicenda finì sui giornali nazionali, sottolineando ancora una volta il legame tra la famiglia Rapisarda e il clan Laudani. Le indagini successive confermarono i sospetti. Francesco Rapisarda, definito un “ragioniere” del clan, venne ritenuto un elemento di spicco del gruppo criminale, occupandosi di gestire i finanziamenti per i detenuti

Stamane il procuratore Fabio Saponara ha chiesto la condanna di Rapisarda – assistito dall’avv.Enzo Iofrida – per associazione mafiosa, come appartenente al clan Laudani nel gruppo satellite di Giarre. La richiesta di pena è stata di 16 anni e 10 mesi. L’arringa difensiva è in programma per il 12 febbraio prossimo. Quindi la sentenza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA