Mamme-nonne a Librino, le “guerriere” del quartiere

Di Maria Elena Quaiotti / 22 Settembre 2020

Catania – «Chi potrà salvare Librino? Forse i nostri figli, ma dipende da loro e soprattutto dagli spazi pubblici che avranno a disposizione per crescere il più “sani” possibile». A parlare sono le donne, le mamme, spesso destinate a crescerli da sole i propri figli, anche a costo di sacrifici enormi, in tanti casi diventate già nonne a soli 40 anni. Donne che nella città satellite del capoluogo etneo sono cresciute. «Qualche volta anche noi abbiamo pensato di andarcene – dicono – non l’abbiamo fatto solo perché non ne abbiamo avuto l’opportunità». Sono ancora indecifrabili i “codici” usati in quartiere: qui la cocaina viene chiamata “ciccia” e le zone dove si spaccia e si spara o si nascondono droga e armi sono individuate da numeri che solo i librinesi conoscono, tanto basta per farsela alla larga ed evitare comportamenti che possano essere “fraintesi”.

Nell’enorme piazza dell’Elefante, una distesa di cemento concepita come parco giochi per i bambini (peccato che l’altalena e lo scivolo hanno resistito solo tre mesi), la fontanella non funziona, il campetto sportivo è inutilizzabile e diventato deposito di spazzatura e dalle 18 nessuna illuminazione pubblica viene garantita. «Chissà a chi conviene stare senza luce – commentano le mamme “guerriere” – Noi di certo non permettiamo ai nostri figli di venire qui a giocare, anche di giorno c’è chi si “succhia la ciccia”. È il luogo simbolo di cosa siamo noi per il Comune: niente». Come “niente” c’è in viale Bummacaro 6 dove, secondo il Prg, dovrebbe esserci un parco giochi. E invece c’è verde incolto, un grosso albero bruciato: «Qui spesso sotterrano armi e droga». Oltre al più noto palazzo di cemento ci sono altri palazzoni, come quello comunale in viale Castagnola 1, chiuso e abbandonato da ben 28 anni e che avrebbe potuto (se pur in minima parte) alleviare un’emergenza abitativa ai limiti della deflagrazione in un quartiere dove in 50 metri quadri spesso convivono genitori, figli, nonni e nipoti. Sempre in viale Castagnola un altro palazzo ospita i terremotati del 1990: «In questo caso lo Stato si è visto, con l’assegnazione degli appartamenti, ma poi ha ritirato la mano nel senso che alla manutenzione del palazzo dobbiamo pensare noi».

Il quadro è desolante, eppure le mamme non ci stanno a passare per persone emarginate: «Noi siamo orgogliose di abitare a Librino – conferma Carmela, 40 anni, mamma di cinque figli dai 18 ai 9 anni e già nonna, e una grande famiglia che vive con un solo stipendio, il suo – a fronte di tante cose brutte che le cronache riportano, qui c’è anche tanta brava gente che si alza alle 5 di mattina per andare a lavorare, le famiglie semplici si sostengono fra di loro, ma ciò che manca sono le istituzioni e il lavoro. Oggi c’è più malavita, i ragazzi crescono troppo in fretta e noi dobbiamo salvarli dalla strada». «Un compagnetto di mia figlia, che ha 16 anni, ha preso una brutta strada e oggi non c’è più – racconta Maddalena, 40 anni, mamma di tre figli e nonna di due nipotine – Ogni volta che ci penso ho una stretta al cuore, lo porto sempre come esempio ai miei figli. A Librino hanno costruito edifici all’avanguardia come il San Marco, anche se funziona malamente; le strade sono belle larghe, sembrano perfette, ma in realtà non sono curate. Sembra una sciocchezza, ma i parchi gioco pubblici sicuri e puliti per i bambini sono fondamentali, non tutte le famiglie possono mandare i propri figli a calcio o danza. Perché la “porta della bellezza” non è mai stata vandalizzata? Perché in fondo i librinesi ci tengono, dobbiamo puntare su questo. Abbiamo strutture d’eccellenza, come la Mary Poppins, ma ne servirebbero almeno altre dieci uguali, non capiamo la decisione del Comune di dimezzarne la funzionalità, mettendo a rischio anche posti di lavoro, quel lavoro che restituisce dignità alle persone. Noi non ci arrendiamo, per i nostri figli diventiamo vere e proprie guerriere perché sappiamo che l’istruzione è la loro salvezza».

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Redazione
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