Angelo Marcello Magrì, di 46 anni, fratello di Orazio, quest’ultimo indicato come «esponente di spicco dell’ala militare della cosca Santapaola – Ercolano, è stato fermato il 3 novembre scorso da carabinieri del Ros e del nucleo investigativo di Catania.
Il provvedimento è stato convalidato due giorni dopo dal Gip che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nell’ambito dell’inchiesta Kronos, su affiliati alla mafia di Catania e quella del Calatino, erano emersi «qualificati e sinergici rapporti con Francesco Santapaola, reggente della ‘famiglià catanese di Cosa nostra».
Angelo Marcello Magrì, attendeva, per il 15 novembre prossimo, il pronunciamento della Corte di Cassazione su una condanna a sei anni di reclusione che gli era stata comminata dalla Corte d’appello di Catania per più episodi di estorsione, e, secondo la Dda della Procura di Catania che ha emesso il provvedimento di fermo poi condiviso dal Gip, sussisteva «il ragionevole pericolo che si sottraesse alla cattura».
Un uomo di spessore del clan Santapaola-Ercolano che dopo l’arresto del reggente di Cosa nostra a Catania, Francesco Santapaola, nell’aprile scorso nell’ambito dell’operazione Kronos, avrebbe accresciuto ulteriormente la sua posizione di ‘prestigiò ai vertici della mafia etnea. E’ la valutazione della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania che ha portato al fermo, per associazione mafiosa, di Angelo Marcello Magrì, di 46 anni, fratello di Orazio, quest’ultimo indicato come «esponente di spicco dell’ala militare della cosca Santapaola-Ercolano».
Il provvedimento restrittivo, convalidato due giorni dopo dal Gip che ha emesso un’ordinanza cautelare in carcere, è stato eseguito il 3 novembre scorso da carabinieri della sezione anticrimine del Ros di Catania e da militari del nucleo investigativo del comando provinciale del capoluogo etneo.
Dalle indagini dell’operazione Kronos, tra l’altro, sono emersi contatti tra Angelo Marcello Magrì e esponenti delle mafie di Mistretta e Caltagirone per contrasti nati tra i due gruppi per la gestione di un’estorsione che spettava a Cosa nostra di Palermo e Catania e che invece Maria Rampulla, sorella di Pietro l’artificiere della strage di Capaci, avrebbe trattenuto per sé.
Con Francesco Santapola avrebbe partecipato a un incontro con Antonio Giovanni Maranto, quest’ultimo in qualità di rappresentante di Cosa nostra palermitana, sulle “pretese avanzate dalla ‘famiglià etnea nei confronti di un assetto imprenditoriale proveniente dalla Sicilia Occidentale».