Catania
Lettera dal carcere, “Ianu u carateddu” dal 41 bis: «Giovani non inseguite falsi miti»
La lettera, come decine e decine di altre ogni giorno, è arrivata in redazione via mail. Ma questa non è una lettera qualsiasi. Arriva, per il tramite di un avvocato, Salvatore Leotta del foro di Catania, dal carcere di Spoleto. A scriverla, con caratteri a stampatello, un uomo che si è macchiato dei delitti più efferati, un uomo che ha ucciso e fatto uccidere, un mafioso, un boss. Si chiama Sebastiano Lo Giudice, è ritenuto il capo spietato del clan catanese dei “Carateddi”. L’avvocato Leotta ha trasmesso la lettera del suo assistito a noi e ad altri due mezzi d’informazione. Lo Giudice è un detenuto sottoposto al 41 bis, il regime detentivo più restrittivo, esemplificativo della pericolosità del soggetto. Abbiamo deciso di pubblicare il testo della lettera, con il conforto delle autorità competenti cui abbiamo sottoposto preventivamente lo scritto, perché Lo Giudice, da mafioso, ammette di avere bruciato la propria vita e invita i “giovani dei quartieri” a non fare altrettanto. A suo modo, e pur con le necessarie e scontate cautele del caso perché tra le righe potrebbe anche nascondersi altro, può comunque essere un messaggio importante per quei tanti, troppi ragazzi a rischio delle nostre città, lasciati dalla società “perbene” ai margini di una vita normale e quindi facilmente reclutabili dalle cosche. Questo, allora, deve restare della lettera che pubblichiamo in maniera testuale, errori compresi, per come ci è stata inviata: una vita da criminali, da mafiosi, non è vita.
La LETTERA
“Mi chiamo Lo Giudice Sebastiano e mi trovo recluso nel carcere di Spoleto a regime di 41 bis da quasi 10 anni, oggi mi trovo a scrivere a questo giornale al fine di poter dare sfogo ai miei pensieri.
Faccio presente che ho maturato la consapevolezza di prendere le distanze da tutto e tutti e rispettare le sentenze che mi sono state inflitte senza dare più la possibilità a venditori di menzogne di speculare sul mio nome.Mi rivolgo pure ai giovani che crescono nei quartieri come dove sono cresciuto io, di non prendere come esempio persone come me che si sono rovinati la vita, perché crescendo capirete che non c’è niente di vero e non gli si dà il giusto valore alla vita e quando ve ne renderete conto sarà troppo tardi e le sofferenze rimangono solo a voi e alle vostre famiglie che pagheranno conseguenze non loro; abbandonate la droga e l’alcool e godetevi la vita lavorando onestamente e con dignità e non dovete mai avere la paura di chi bussa alla vostra porta.
Istruitevi, aprite gli occhi e lasciate perdere i falsi miti perché prima vi chiameranno amore e dopo vi addosseranno anche le loro responsabilità e potrete gridare quanto volete perché nessuno vi sentirà e nessuno vi crederà. Io ho perso la mia bella gioventù, ho perso l’amore dei miei figli e delle persone che mi amano veramente, per cui se avrò la possibilità mi voglio godere solo i miei nipotini, altrimenti accetterò di morire in carcere come la giustizia a deciso ma vorrei solo essere curato e scontare la mia con la mia dignità senza avere più problemi. Ho visto tanti bravi ragazzi perdersi senza capirne la motivazione e sono certo che se potrebbero tornare indietro non rifarebbero più gli stessi errori, per cui abbiate la forza di dare una svolta alla vostra vita e non date adito alle millanterie dei quartieri perché prive di fondamento e fine a se stessi”.
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