“L’arca di Natalia”, a Trecastagni un rifugio per animali strappati a sfruttamento e abbandono: dall’asinello Ciccio alla cinghialina Nina, tutti vivono liberi

Di Ombretta Grasso / 17 Novembre 2024

Tutto è iniziato da Natàlia. «Io avevo 23 anni e lei solo 2 mesi. Quando questa cagnolina è arrivata nella mia vita mi si sono aperti gli occhi, si è creato un legame profondissimo, un rapporto speciale. E ho capito che ogni animale era un mondo di emozioni, sentimenti, paure.  Dopo i cani è arrivato un maialino e ho cominciato a sognare di aprire un rifugio per aiutare gli animali meno fortunati, discriminati e indifesi», racconta Silvia Clementi, 41 anni, medico oncologo, una vita per gli animali. Il rifugio è nato nel 2021, si chiama “L’Arca di Natàlia” (larcadinatalia.org), un’associazione no-profit che si trova a Trecastagni (via Dottor Giuseppe Zappalà) e oggi è diventato casa per più di 90 abitanti sottratti da situazioni di sfruttamento, maltrattamenti e abbandono.

Ci sono l’asinello Ciccio, i conigli Mario, Memole, Binga, «sequestrati al mercatino delle pulci di Catania, un giorno in cui c’erano 40 gradi. Erano in 5  sotto il sole cocente, tutti nella stessa gabbietta e si sono salvati in 3», la pecora Angelina, scampata alla Pasqua quando era un agnellino, Nina, la cinghialina sopravvissuta a un incendio che vive in simbiosi con la pecora Sara, e poi Cocco e Ostello, «due cagnoni  simil maremmani, arrivati al rifugio quando avevano appena 3 mesi, strappati al canile e alla strada». Poi ci sono  17 maialini di Messina che provengono da un maxi sequestro, prima vivevano  (erano quasi 100)  in una discarica. E ancora capre, pecore, galline, mucche.

In questo santuario dallo spirito francescano (che fa  parte della Rete dei Santuari per animali Liberi, circa 25 in tutta Italia) ogni animale ha un nome e una storia,  «non è più considerato un numero né una merce, bensì una vita capace di sentimenti, emozioni, amicizie e legami profondi – spiega Silvia – Nessuno di loro viene venduto, ucciso, sfruttato o utilizzato in alcun modo per fare soldi tramite la sua morte o i suoi prodotti. I cuccioli non vengono separati dalle mamme ed è sorprendente vedere come i legami non si spezzino con l’età, continuano a giocare, a stare insieme, a dormire vicini. Vivono liberi». Silvia ha iniziato con i cani, «facevo volontariato in un canile, ma poi ho capito che c’erano animali ancora più indifesi, che non potevano sperare in una adozione, non degni di essere considerati senzienti, visti come prosciutti o scatolette, come prodotti. Animali che non avevano nessun diritto e che venivano sfruttati, seviziati, tenuti in condizioni orribili, uccisi senza minimamente preoccuparsi di cosa provassero».

Così è nata la sua arca che salva dal male del mondo.  Nel 2021 sono arrivati i primi animali, Zucchero e Cannella, due vitellini trovati nelle campagne di San Fratello. «Era da poco arrivata la direttiva Ue che in caso di sequestri prevede che, invece del macello, gli animali possano essere portati in un rifugio. Ci hanno contattati e la telefonata con la nostra risposta positiva è arrivata proprio mentre stavano salendo sul camion per andare al macello. Salvi per un pelo. Ma ce li hanno consegnati dopo un anno». Nel frattempo Zucchero è diventato cieco per un’infezione mal curata. «Cannella lo protegge, è i suoi occhi. Non sono parenti e sono pure di razze diverse, ma vivono in simbiosi, un’anima sola – racconta ancora Silvia –  Stando a contatto con gli animali, per esempio, abbiamo scoperto che i maialini sono intelligentissimi e molto puliti. Ottimi animali da compagnia. Anche Clooney ne aveva uno, un maialino nero domestico, Max, che è stato con l’attore 18 anni. Si rotolano nel fango per liberarsi dai parassiti, non perché gli piaccia, non fanno mai i bisogni dove vivono e non mangiano tutto,  se hanno possibilità di scelta».

Il rifugio – che è anche la casa dove Silvia vive con il marito Carmine e il loro bimbo, Noah – non ha sovvenzioni di nessun tipo e sopravvive grazie  a donazioni, anche di solo un euro al mese con Teaming (uno strumento online per raccogliere fondi per cause sociali attraverso micro donazioni), alle adozioni a distanza, ad eventi e visite guidate per gruppi o scuole, e con l’aiuto dei volontari nei fine settimana per pulizie,   riparazioni e manutenzione. «Il rifugio è a casa mia, e qualche volta anche io penso che sia un compito troppo difficoltoso accudire, dar da mangiare, curare tutti questi animali, ma l’alternativa è la strada, lo sfruttamento, il macello. Per noi sono una famiglia». Proprio per aiutare il Rifugio, Eliana Seminara, guida ambientale ed escursionistica “Passi Lievi”, sta organizzando per una prossima domenica, meteo permettendo (informazioni su instagram.com/passi.lievi/ e altri canali social, come su fb) un’escursione al Monte Ilice seguita dalla visita al Rifugio, a cui sarà devoluto l’intero ricavato.

 L’arca di Natàlia, oltre ad aiutare animali in difficoltà, promuove uno stile vita vegano basato  sulla non violenza. «Essere vegani per noi è una scelta etica, di rispetto della vita degli animali. Ma oggi può essere anche una scelta di salute per l’uomo e per il pianeta, gli allevamenti intensivi distruggono tutto e inquinano molto per la ricchezza di pochi. Oggi ci sono moltissime alternative, tanti cibi sani che possono sostituire la carne anche nel gusto». Dagli allarmi dell’Oms sulla carne rossa e le carni lavorate alle inchieste e ai documentari sugli allevamenti intensivi, che godono anche di sussidi pubblici, (come “Food for profit” di Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi che mostra un sistema che sfrutta il suolo, contamina acqua, riempie gli animali di antibiotici e li sottopone  a violenze inquietanti, qui e a questo link per approndire) sempre più di frequente ci si interroga sul nostro rapporto con il cibo di origine animale. «Noi siamo antispecisti, pensiamo che l’uomo non debba disporre della vita delle altre specie, che non vive solo lui su questo pianeta. Gli animali sono intelligenti, sono senzienti, provano dolore, paura, amore. Siamo tutti esseri viventi». 

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Ombretta Grasso