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L'EDITORIALE

“La Sicilia” oggi, l’orgoglio e il coraggio di una redazione

Di Antonello Piraneo |

CATANIA – Abbiamo ascoltato e riascoltato le parole dei magistrati che illustravano le motivazioni alla base del maxisequestro di beni, tra cui la società che edita questa testata, nei confronti del nostro ex direttore Mario Ciancio Sanfilippo. Abbiamo letto e riletto i resoconti di alcuni passaggi, in particolare quelli in cui si parlava di linea editoriale asservita a Cosa Nostra. Abbiamo bruciato minuti della nostra giornata a scrollare il muro di idiozie vomitate nella cloaca di Facebook.

Poi ci siamo guardati allo specchio, abbiamo sfogliato l’ideale album del nostro vissuto personale e professionale e non ci siamo ritrovati in nessuna di quelle parole. Una linea editoriale deviata viene «impartita» a qualcuno che la esegue. Noi non l’abbiamo fatto, perché non l’abbiamo ricevuta. Comunque, in coscienza, in tanti non l’avremmo seguita.

Abbiamo ripensato a quei fogli ingialliti de “La Sicilia” – ma ben presenti nella nostra memoria perché ci hanno spinto a fare questa professione bussando qui – con le inchieste sulle mafia di Giuseppe Fava e i reportage di Candido Cannavò, le analisi politiche di Nino Milazzo, i racconti dal Belice e degli anni di piombo di Tony Zermo. E sempre con alle spalle il lavoro di tanti “deskisti”.

Abbiamo riletto con orgoglio i fondi di Pietro Barcellona che, censurato da “L’Unità” per avere scritto contro certe derive del pool Mani Pulite, trovò ospitalità su queste colonne; abbiamo riletto le Terze Pagine con gli scritti di Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Giuseppe Giarrizzo. Tutti inconsapevoli? Mah.

Abbiamo pensato alle interminabili giornate dentro l’“astronave verde” in cui si celebrava il Maxiprocesso a Cosa Nostra diventando amici con quei magistrati che portavano avanti le accuse contro i boss e ricevendo da Catania, accompagnata da diverse cazziate, una sola indicazione: rispettare le lunghezze dei pezzi concordati «perché una pagina non la possiamo smontare a mezzanotte».

Abbiamo pensato alle domeniche trascorse a raccogliere i risultati di Seconda categoria perché era anche così che si diventava giornalisti pronti poi a raccontare tutt’altro. Abbiamo ricordato di quante volte un articolo de “La Sicilia” ha dato speranze a chi le aveva perdute, riaperto porte a chi se le vedeva chiuse, ha dato voce alle nostre città, alle periferie, agli ultimi, alle buone notizie. Peccando di umiltà: forse non abbiamo saputo “vendere” il nostro lavoro.

Nel file della memoria abbiamo anche trovato pagine e titoli e pezzi sbagliati, scritti quando sbagliato era il contesto e tanti di noi neanche c’erano. Infine abbiamo visto “La Sicilia” a colori con decine di articoli d’inchiesta che negli ultimi anni hanno scoperchiato scandali, fatto tremare potenti, scosso Palazzi e fatto opinione.

Preoccupati ma orgogliosi, abbiamo sfogliato questo nostro album di famiglia e ci siamo detti che stavolta parleremo e faremo parlare di noi, quindi di voi. Non per autoassolverci – qualcuno ci darà comunque addosso – ma perché quella che ruota attorno al nostro ex direttore non può essere “soltanto” una vicenda processuale.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA