«A causa della pandemia, siamo costretti a vivere in modo completamente diverso dal solito la Festa di Sant’Agata, senza la partecipazione fisica con cui i catanesi esprimono la loro devozione. Ecco perché è opportuno impiegare i prossimi giorni e i prossimi mesi, in attesa di poter tornare alla normalità, avviando un lavoro corale di tutta la città, fondamentale per il futuro della Festa e di Catania: la richiesta all’Unesco del riconoscimento dei festeggiamenti agatini come Bene immateriale Patrimonio dell’Umanità».
Un tema del quale si è parlato anche nei mesi scorsi. «Abbiamo discusso insieme con il presidente Riccardo Tomasello più volte anche recentemente – afferma Marano – per impostare un lavoro che sarà lungo ma entusiasmante e che dovrà coinvolgere l’intera città e vari soggetti». Nei giorni scorsi il presidente Tomasello e il suo predecessore hanno incontrato, a questo scopo, Paolo Patanè, grande esperto di questioni Unesco, che aveva già seguito la vicenda. «Ci potrà dare un contributo importante – spiega Marano – perché non si tratta solo di una sterile rivendicazione per la nostra città e per la nostra bellissima Festa. Piuttosto deve essere una istanza condivisa che viene dal basso».
Già da alcuni anni si discute del riconoscimento Unesco, obiettivo pienamente condiviso dai soci promotori del Comitato, cioè l’arcivescovo e il sindaco, ma anche dal presidente delle Regione.
«Ci sono già stati i primi passi ufficiali sotto la mia presidenza – ricorda Marano – e con i colleghi del Comitato avevamo deliberato la volontà di avviare questo percorso. Ne avevo parlato in primis con il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e con l’ufficio Unesco a Roma, ricevendo anche una disponibilità da parte di Pippo Baudo ad essere un testimonial di questo grande progetto. Lo scorso anno il presidente Tomasello ha proseguito questo impegno, stimolando anche il Consiglio comunale a prendere posizione, come accaduto il 2 ottobre 2019 con una mozione approvata dal Senato cittadino.
«Oggi – sostiene il membro emerito del Comitato – è il momento di mettere a punto i tasselli e partire, ad esempio con un comitato tecnico-scientifico, composto da esperti fra storici dell’arte, ma anche antropologi, sociologi, economisti e storici, oltre che ovviamente qualche rappresentante della Chiesa catanese, che dovrà iniziare a redigere ed impostare il dossier in raccordo con il ministero. Ma prima di tutto è importante che l’intera città, le istituzioni, l’università, il mondo produttivo, quello associativo e quello culturale, prendano posizione e sostengano questo obiettivo. Parlo dell’Università, degli Enti istituzionali e delle istituzioni culturali, ma anche degli Ordini professionali, dei club service. Viviamo un periodo storico in cui un Bene Immateriale come la nostra Festa ha più possibilità di avere il riconoscimento rispetto ad un Bene fisico. Ma non basterà solo presentare una relazione ineccepibile dal punto di vista tecnico. L’iter, per essere vincente, deve essere espressione di una comunità: è necessario un lavoro di condivisone collettiva e una visione con cui la città si impegna a sostenere l’eventuale riconoscimento Unesco.
«Tutta la nostra città – conclude Marano – ne avrebbe un grande giovamento, considerato anche che si tratterebbe del terzo Bene Unesco, dopo il Barocco e l’Etna. Proprio per dimostrare l’importanza di questo riconoscimento occorre lavorare perché questo eccezionale obiettivo è di tutti e tutti i contributi sono importanti in vista del suo raggiungimento. Un obiettivo che va senz’altro perseguito, anche in un’ottica di internazionalizzazione della Festa: Catania lo merita».