Il “cuore di mamma” batte per la nuova stazione della metropolitana in piazza Giovanni XXIII, con le sue strutture bianche ondulate, le piccole fontane con i giochi d’acqua, le aiuole, le ringhiere decorate con motivi floreali.
«Gli interventi che sono stati realizzati li ho pensati innanzitutto nel rispetto dei luoghi e delle preesistenti presenze architettoniche del contesto della piazza. Mi sono ispirata essenzialmente un po’ al paesaggio del mare che è lì accanto e alle ciminiere antiche. Ho cercato di dare una valenza a questi due simboli della città, da un lato un’architettura morbida e sinuosa evocando le onde del mare e, dall’altra, la verticalità delle ciminiere con il “totem” pensato anche come elemento di riferimento per la città, un elemento visibile per individuare subito la metropolitana. Si riesce a vedere anche a distanza».
Ma lei da architetto, come la vede questa storia della città di mare in cui il mare è paradossalmente negato?
«Purtroppo è così. Infatti questo spazio pubblico nasce anche con l’intenzione di congiungere quello che è lo spazio urbano al Lungomare. In particolari giornate ventose l’odore del mare si sente sulla piazza…».
Dopo l’inaugurazione della stazione Giovanni XXIII della metropolitana, che ha finalmente esteso la sua linea in esercizio fino a nove chilometri, che tipo di commenti ha ricevuto?
«Positivi e inaspettati, pensavo ci fossero più critiche, invece ho raccolto parecchi pareri che mi hanno fatto molto piacere a partire da quello dell’architetto Franco Porto (segretario dell’InArch, l’Istituto nazionale di Architettura ndr) che ha parlato di un intervento finalmente innovativo e non più conservativo per Catania riferendosi al fatto che non è stata utilizzata la pietra lavica, ma la pietra chiara».
E lei è più per il conservativo o l’innovativo?
«Dipende dal luogo in cui ci si trova. Io comunque mi sono riferita a questo spazio che, finora, era stato solo uno spazio di risulta, uno spazio di grande traffico veicolare. Ho cercato di dargli un’identità riferendomi all’agorà, a quello che dovrebbe essere secondo me una piazza, cioè uno spazio di riflessione, di incontro, un posto in cui si possa giocare, in cui si possa leggere, relazionarsi…».
Quindi è così che se lo immagina d’ora in poi…
«Sì infatti. Anche le aiuole con le loro linee sinuose, come un abbraccio, non evocano solo le onde del mare. Mi piaceva l’idea che fosse un luogo dove le persone potessero incontrarsi e raccontarsi. Mi auguro che questa piazza venga vissuta in questo modo».
Se avesse una bacchetta magica e le dessero campo libero cosa realizzerebbe a Catania?
«Valorizzerei sicuramente la nostra litoranea, credo sia fondamentale per la città. Cercherei veramente di riqualificare la nostra costa, il lungomare e tutta la parte del porto».
Riferimenti?
«Genova, Barcellona, i modelli sono sicuramente questi».
Qualcuno l’ha definita già la Calatrava di casa nostra, le fa piacere?
«Non pensavo che qualcuno potesse paragonarmi a Calatrava (ride ndr), comunque mi fa piacere…
Preferirebbe qualche altro paragone?
«Beh, visto che ci siamo direi magari Alvaro Siza per questa piazza così chiara, oppure lo stesso Fuksas per le sinuosità della struttura o anche lo stesso architetto Cucinella per le linee morbide del Corso dei Martiri».
Però lì siamo ancora lontani dalla realizzazione.
«Mi auguro che a breve si possa fare anche quello, così questa zona verrà tutta riqualificata e si integrerà meglio con il resto della città».