Batte forte il “Cuore di Sicilia” in Valentina, tornata nell'isola dopo cinque anni per “chiudere un cerchio” e non lasciare niente di insoluto. La sua storia nei corridoi dell'ospedale catanese Garibaldi Nesima è ormai diventata una leggenda, sia fra chi l'ha soccorsa – anche contro l'evidenza di una morte ormai data per certa, sfidando i limiti, le conoscenze mediche e la comprensione umana – sia fra chi, pur non conoscendola, la sente ormai come «una di famiglia».
Valentina è la ragazzina inglese, allora dodicenne, che nel ferragosto 2017 a seguito di un incidente a Lipari, al largo di Monte Rosa, era stata ferita dall’elica della barca su cui era a bordo con la sua famiglia. La situazione con traumi nella parte sinistra di cranio, torace e addome, era da subito apparsa disperata. Finita in rianimazione all'ospedale di Lipari si era deciso l'immediato trasporto in elisoccorso nella notte al presidio catanese, dove è iniziato il vero e proprio miracolo. Aiutato, va detto, dalla caparbietà di tutto il personale sanitario che non si è mai arreso, neanche di fronte all'evidenza e optando “senza se e senza ma” per diverse operazioni ravvicinate, pur molto complesse e impegnative da superare per l'organismo. Decisioni immediate per gli operatori, perfino andando ogni comprensibile limite medico e davanti ad una situazione in cui, per gravità, nessuno si era mai trovato. Il primo intervento sull'encefalo, la stessa notte, per trauma cranico con frattura scomposta infossata, durante il quale è stato necessario rimuovere parti di cervello; due giorni dopo si è intervenuto sulla mammella, per salvare il salvabile, poi sul polso e sull'addome. Non sono mancate complicazioni nel decorso post operatorio, una sepsi generalizzata importante mentre era in degenza rianimazione pediatrica. Due le settimane di coma, poi l'insperato risveglio e la ripresa, davvero eccezionale, la dimissione nel mese di ottobre con una cicatrizzazione velocissima, che raccontano tutta un'altra storia.
Quella di cui parliamo oggi.
La vera forza di Valentina, oggi splendida diciassettenne, è la sua famiglia: la mamma (argentina) Fabiana, la sorella (oggi 21enne) Milly (diminutivo di Milagros, che significa “miracolo”) e il padre (piemontese) Pietro. L'abbiamo appurato avendo l'opportunità di accompagnarli, con discrezione, nella recente visita al reparto di Rianimazione pediatrica del Garibaldi Nesima e cercando di cogliere ogni sfumatura di sguardi, reazioni spontanee, abbracci, emozioni. «Non posso ricordare i nomi di tutti, ma ricordo tutti i loro volti. Dovevo ringraziarli, era giunto il tempo», ci ha confidato Valentina riferendosi a medici, anestesisti, infermieri, tutti coloro che in qualche modo nei suoi mesi di degenza a Catania ha avuto modo di scrutare, ascoltare, da cui ha ricevuto cure fisiche, ma soprattutto umane. E che per cinque anni, nonostante la distanza, non l'hanno mai abbandonata: gli aggiornamenti sulla sua riabilitazione e ripresa, eccezionale, sono infatti stati costanti attraverso un “gruppone” creato su whattsapp chiamato “Amici di Valentina”.
Quando la tecnologia è davvero utile.
Per tutta la visita Valentina ha stretto fra le mani il libro di Jandy Nelson “I'll give you the sun” (“Ti darò il sole”), una storia che parla di una promessa eterna fra fratelli, paradigmatica del suo rapporto con Milly. Proprio la sorella, mentre Valentina era in coma, aveva iniziato a leggerle libri ad alta voce (cosa che non aveva mai fatto prima) ed era l'unica, attraverso la sua voce, in grado di far registrare reazioni sui monitor. La famiglia è rimasta unita anche nelle decisioni difficili: restare separati, ma uniti, per il tempo necessario. Papà Pietro è tornato al lavoro, Milly a scuola, mamma Fabiana sempre a fianco di Valentina. «Quasi mi vergogno della fortuna che ho avuto – dice Fabiana -, mia figlia è viva, ha recuperato tutto, non ha perso la scuola, è un miracolo che si è concluso oggi. Non abbiamo voluto forzare il suo ritorno in Sicilia, anche se avremmo voluto farlo prima. Rivivere persone e luoghi può significare prendere definitivamente consapevolezza di quanto accaduto, e andare oltre. Ciò che ci ha spinto a tornare qui è soprattutto la gratitudine». «Ricordiamo – racconta ancora – le lunghe e lente passeggiate nei corridoi non appena Valentina ha potuto alzarsi, la splendida vista dal vetro dell'Etna, che ci fermavamo ad ammirare per ore. Non ci siamo mai sentite sole, ci siamo affidati completamente e in Inghilterra i medici che l'hanno avuta in cura ci hanno detto “in Sicilia hanno fatto un ottimo lavoro”. Ricordo che la sera dell'arrivo al Garibaldi ho avuto vicino a me per tutta la notte un operatore della Guardia Costiera, che il giorno dopo è andato a pregare Sant'Agata». Erano infatti i giorni di Sant’Agata d'estate, «in Inghilterra qualche tempo dopo sono stata la madrina di battesimo di una bambina di nome Agata, io lo considero un segno. La fede ci ha aiutato molto».
Valentina è la prova vivente di come non ci sia limite a niente, neanche alla futura maggiore conoscenza delle potenzialità del cervello, tante ancora inesplorate, e questo caso lo dimostra. «Vogliamo che si parli della nostra storia per dare speranza a tutti. Io sono concentrata sullo studio – spiega proprio Valentina – voglio diventare “terapista dell'arte”, per aiutare attraverso l'arte». Per lei, e la notizia è stata confermata durante la visita commuovendola profondamente, sono state anche avviate le procedure per conferirle la cittadinanza onoraria di Catania: la proposta, avanzata dalla IV Commissione consiliare Sanità del Comune, è stata infatti accettata e, certo, avrà i suoi tempi. Ma chissà che, quando tornerà nella città in cui è “rinata”, non possa sentirsi del tutto catanese. E dal cuore davvero siciliano.