CATANIA – “Tra gli innumerevoli settori in Italia, ed in particolare a Catania, messi ginocchio dall’epidemia “Coronavirus” c’è quello del trasporto aereo che, oggi, nonostante la grave crisi che sta attraversando, confidava su una stagione primaverile ed estiva che era stata definita dagli addetti del settore “incoraggiante e di rilancio, dopo un periodo di grande sofferenza”. “Un disastro senza precedenti – tuonano Giovanni Musumeci e Mario Marino, rispettivamente segretario dell’Unione territoriale e segretario provinciale della federazione Trasporto aereo di Catania – Con la proclamazione dello stato di emergenza nazionale fino al 31 luglio, al netto di una eventuale revoca anticipata possiamo dire che in ogni caso la stagione estiva è andata in fumo, considerato che non ci sarebbe tempo per recuperare”.
“Questo avrebbe significato un sicuro aumento delle presenze in città graduale, a cominciare dalle imminenti festività pasquali, ma soprattutto si sarebbe di certo tramutato in un incremento delle attività lavorative sia all’interno dello scalo aeroportuale, che per quanto concerne l’indotto, ovvero parcheggi, autonoleggio, taxi, noleggio con conducente, personale di supporto e per l’accoglienza (si stimano oltre 100 lavoratori stagionali solo dentro l’aeroporto). Un’intera economia da rimettere in piedi in una realtà, come la nostra, che di questo settore vive e si alimenta e non può di certo contare sugli attuali due voli giornalieri. Oltre al danno c’è, quindi, anche la beffa – aggiungono i due sindacalisti – perché in un momento in cui stavamo iniziando ad intravedere la luce, abbiamo dovuto rifare i conti con gli ammortizzatori sociali”.
“L’unica soluzione per mettere in sicurezza migliaia di impiegati ed operai aeroportuali, la maggior parte dei quali, soprattutto nel comparto handling, stavano iniziando a respirare un minimo dopo tempi bui. Lavoratori che, adesso, dovranno quasi tutti vivere con circa il 40% di stipendio lordo in meno, ad eccezione dei più fortunati che grazie al “Fondo volo” potranno raggiungere la soglia dell’80%. Questo perché – spiegano Musumeci e Marino – le aziende che per via delle problematiche dettate dal mercato hanno già fatto ricorso alla Cassa integrazione non possono accedere al Fondo e noi, come organizzazione sindacale, confidando in una deroga rispetto alla regola tale a poter assicurare una giusta assistenza a tutti gli operatori, abbiamo anche chiesto alle aziende di poter anticipare le somme in attesa del ristorno da parte dell’Inps.
«Infine, non possiamo che esprimere la nostra rabbia per quei giovani rimasti fuori dalla Sac service poiché, pur essendo risultate idonee, non sono state immesse in servizio. Ciò significa che su 234 unità, una gran parte non potranno godere del sistema di ammortizzazione pur avendo un’assunzione in tasca. Auspichiamo che anche per questi lavoratori si possa trovare presto una soluzione – concludono i rappresentanti della Ugl – nella speranza che questo incubo per tutti possa finire presto e si possa tornare a parlare di sviluppo.”