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«Ho incontrato l’assassino del papà col cadavere dentro un mobile»

Di Concetto Mannisi |

CATANIA – «Ho incontrato l’assassino che trasportava quel mobile. Per un attimo, vedendolo in difficoltà, ho pure pensato di dargli una mano, ma poi avendo ben chiara la personalità di quest’uomo, conoscendone la litigiosità, ho preferito farmi i fatti miei e allontanarmi. Pochi istanti dopo ho sentito le urla della gente e ho visto arrivare la polizia. Sono rimasto senza parole…».

A parlare, a metà fra l’incredulo e lo sconvolto, è uno dei vicini di casa di Alberto Italia, l’uomo accusato di avere ucciso ieri il padre Gaetano al culmine dell’ennesimo litigio. Niente nomi, perché la “pubblicità” in questi casi non è gradita, ma il nostro interlocutore non fa mistero della scarsa stima nutrita nei confronti dell’omicida: «Tante volte sono intervenuto per tirarlo fuori dai guai. A lui e al fratello. Entrambi erano molto aggressivi con la gente del rione, certamente non perfettamente, per così dire, “equilibrati”: bastava un nonnulla per farli andare in escandescenze e in qualche occasione qualcuno è arrivato a promettergliele. Anzi, diciamo pure che senza il mio intervento quel “qualcuno” era pronto a passare a vie di fatto. Tutto ciò, però, non ha mai portato i due, specialmente Alberto, a mantenere un profilo basso. E non mi stupirei se alla base di questo terribile omicidio possano esserci problemi legati a richieste di denaro che i due coniugi ricevevano da parte di almeno uno dei figli. Che giorno è oggi (ieri, nda)? Il 3 febbraio? Volete vedere che quel poveretto che è stato ucciso ha percepito la pensione giusto in questo fine settimana?».

Ma i due non lavoravano?«Ma che lavoro e lavoro? – si inserisce un altro vicino -. Quei due vivevano sulle spalle dei loro genitori. La loro massima occupazione era quella di portare a spasso i due cani che tenevano in casa. Un “dobermann” e un “San Bernardo”. Ora, mi chiedo io, in una casa di due vani, come fanno quattro persone a condividere questi ambienti ridotti con due animali di quella stazza e di quella pericolosità?».

Forse per questo portavano gli animali sempre a spasso.«Forse. Magari tenevano di più a quei due animali che ai loro stessi genitori».

«E forse – si inserisce una terza persona – neanche ai due animali tenevano…. Io stesso li ho visti picchiare a più riprese i due cani, così come sono certo che in altre circostanza anche il povero signor Italia sia stato picchiato. In quella casa non c’era giorno o notte, non c’era rispetto per i vicini: all’improvviso urla, rumori e sempre per lo stesso problema, secondo me. Quello legato ai soldi».

«Nel rione – continua – si diceva che l’assassino avesse a che fare con gli stupefacenti (ma la notizia, lo ribadiamo, non è confermata dalle forze dell’ordine, nda). Ecco spiegati certi atteggiamenti sopra le righe: in qualche circostanza l’ho visto minacciare delle persone con le quali aveva avuto una discussione per futili motivi di essere pronto a raggiungerli per stenderli con mosse di judo, uno sport che in passato diceva di avere praticato; in un’altra occasione si è detto pronto ad aizzare il dobermann contro i presenti; e non è finita qui…».

In che senso?«Nel senso che noi residenti siamo stati testimoni di altre stranezze. Qualche anno fa, utilizzando l’ombrello aperto a mo’ di paracadute, uno dei due fratelli si lanciò dal balcone di casa. Ovviamente riportando delle fratture…. Non riesco a spiegarmi cosa possa essergli passato per la testa per comportarsi in tal modo, ma anche questo episodio dimostra chiaramente che qualche rotella fuori posto quell’uomo doveva averla».

«Diciamolo chiaramente – chiosa uno dei presenti – questo epilogo in tanti ce lo aspettavamo. In questa zona tutti erano a conoscenza dello stato di disagio vissuto da questa famiglia, per i motivi più svariati. Però si è sempre imposta la linea della necessità di “farsi i fatti propri”. Sì, magari se si incontrava la signora Italia per strada e la stessa chiedeva di essere aiutata ad attraversare ci si prestava, però lo si faceva sapendo che uno dei figli si sarebbe potuto lamentare persino di questo. Quante volte ho visto la vittima tornare a casa carico di buste della spesa e procedere a fatica. L’istinto sarebbe stato quello di aiutarlo, ma magari uno dei figli mi avrebbe accusato che volevo approfittare del padre e per questo ho sempre deciso di soprassedere. Come tanti altri. Io i guai non me li vado a cercare, ma che tristezza sapere che tutto adesso è finito così».

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