Più di duemila studenti di oltre cento istituti hanno fatto “da ciceroni” ai tanti visitatori che hanno accolto l’invito del Fai alla scoperta delle bellezze pubbliche e private del nostro territorio, in città, come nei paesi etnei e limitrofi. Una sorta di rivisitazione del “Grand Tour” – tema di queste giornate Fai di primavera – che tra il Settecento e l’Ottocento gli aristocratici di tutta Europa facevano in Italia, soprattutto nella Magna Grecia, alla scoperta del mondo classico greco-romano. Un impegno notevole che si rinnova ogni anno nella consapevolezza che, come ripete la capo delegazione Maria Licata, «solo la conoscenza consente la tutela dei nostri beni. Un impegno che ha richiesto un lavoro in rete di Comune, Università, scuole e privati».
Così ieri, dalla mattina al pomeriggio – e è possibile farlo anche oggi – migliaia di persone si sono messe in fila per potere visitare i siti aperti dal Fai, quelli pubblici come quelli privati. Enorme affluenza al Castello Ursino dove molti catanesi che non vi erano mai entrati hanno potuto ammirare le varie collezioni, oltre che i magnifici ambienti. Grande interesse anche per la scoperta di Palazzo Sangiuliano e della sua storia, dalla progettazione di Vaccarini al fatto che sia stata la residenza di un personaggio importante della nostra storia, Antonio Paternò Castello, sindaco di Catania, deputato, ministro e ambasciatore a Londra, motivo per cui il suo palazzo, ora dell’Università, ha ospitato regnanti e aristocratici.
In tanti hanno potuto godere della spiegazione dei giovani ciceroni che hanno raccontato la storia e le bellezze della Badia di Sant’Agata, della chiesa della Santissima Trinità e della chiesa di San Martino dei Bianchi, la chiesa della nobiltà catanese ricca di stemmi e simboli. Ma la grande attrazione sono state le dimore private – la cui visita è riservata ai soci – due delle quali aperte per la prima volta al pubblico: Palazzo Scuderi e il lato ovest di Palazzo Biscari, residenza del principe Moncada Paternò Castello.
Palazzo Scuderi, in via Gemellaro 6, è un edificio severo ed elegante, l’unica dimora privata progettata da Sebastiano Ittar su commissione di Rosario Scuderi Bonaccorsi che fu uno dei dieci fondatori dell’Accademia Gioenia che in questa dimora ebbe la prima sede.
Qui scienziati e intellettuali di chiara fama si riunivano, dapprima nella sala d’accoglienza, sedendosi nelle panche che corrono lungo le pareti, e poi nella sala esagonale dedicata alla filosofia e alle arti liberali. Uno spazio in stile neoclassico dipinto ad olio, come tutte le pareti della casa, una tecnica più preziosa di quella dell’affresco – come spiegano gli studenti dell’istituto San Francesco di Sales di Cibali. In questa sala dalle pitture monocromatiche spiccano i busti di Socrate, Ovidio, Licurgo e Epaminonda. A lasciare senza fiato è l’attigua, splendida, sala ovale, porte comprese, tutta dipinta a olio. Alle pareti è raccontata la storia di Enea e del suo viaggio che include anche una sosta in Sicilia, con veduta dell’Etna e di Polifemo, l’amore con Didone, le offerte sacrificali in onore del padre Anchise fatte a Trapani, il matrimonio con Lavinia e la fondazione di Alba Longa e l’oracolo della sibilla cumana. Il tetto è dedicato a tutte le divinità dell’Olimpo. Dipinti che richiedono un restauro conservativo di cui la sovrintendenza dovrebbe farsi carico magari usufruendo dei tanti fondi europei in arrivo. A fianco si apre la stanza da letto, anche questa magnificamente dipinta con scene mitologiche dedicate a Venere e Amore e ad Amore e Psiche. Infine la saletta dove gli eredi, che abitano ancora il palazzo, conservano il ritratto di Rosario Scuderi Bonaccorsi.
Grande afflusso anche a Palazzo Biscari alla scoperta del “giardino segreto” con la pagoda, detto cortiletto di Goethe perché qui, il 3 maggio del 1787, fu ospitato il grande scrittore tedesco alla scoperta delle bellezze naturalistiche e archeologiche della Sicilia durante il suo Grand Tour in Italia. In questo palazzo ebbe ad ammirare la collezione archeologica del principe Ignazio Biscari – incluso il torso di Giove ora a Castello Ursino – la prima ad essere aperta al pubblico con una concezione che ha anticipato le caratteristiche del museo moderno. A introdurre i visitatori gli studenti del Lombardo Radice che hanno raccontato la storia della costruzione sopra le mura di Carlo V, dopo il terribile terremoto del 1693, e le sue varie fasi e tipologie, dal tardo barocco al neoclassico. Particolare attenzione è stata data alle ricche decorazioni dei sette grandi finestroni in pietra bianca, opera dello scultore Antonino Amato, che in origine si affacciavano sulla marina, prima che, nella seconda metà dell’Ottocento, il mare fosse allontanato dall’ampliamento del porto, oltre che dal viadotto. I lavori del palazzo furono affidati agli architetti Alonzo Di Benedetto, Giuseppe Palazzotto e Francesco Battaglia. A introdurre alla cappella privata del principe gli studenti del liceo Cutelli-Salanitro che ne hanno illustrato le pitture della cupola, con putti e fiori, e quelle delle pareti scandite dalle stazioni della via Crucis che raccontano la Passione di Cristo. Uno spazio di grande suggestione cui si accede da una stanza le cui sovra porte raccontano la costruzione del grande acquedotto Biscari sul Simeto, detto Ponte saraceno, edificato e crollato più volte e di cui rimane tutt’oggi una splendida testimonianza nel territorio di Adrano.
Interesse anche per Villa Ardizzone, in viale Regina Margherita, costruita nei primi del Novecento su progetto dell’ingegnere Carmelo Malerba Gurrieri, per volere del barone di Stella Annunziata Tommaso Ardizzone e della moglie Giulia Gualtieri di San Giorgio. È uno dei rari esempi a Catania di ecclettismo Liberty con i suoi motivi orientaleggianti e floreali, sia nella facciata sia nei numerosi manufatti in ferro battuto. Una giornata di cultura e bellezza. E oggi si replica.