Festa delle donne, il coronavirus cancella l’8 marzo

Di Pinella Leocata / 07 Marzo 2020

Catania – Un 8 marzo senza corteo, senza flash mob e senza iniziative pubbliche. Il virus Covid-19 stravolge abitudini, programmi, riti, appuntamenti e tradizionali occasioni d’incontro e di confronto. Quest’anno a Catania, come nel resto d’Italia, le femministe non scenderanno in strada nella giornata contro la violenza sulle donne. Una scelta sofferta e meditata, presa non soltanto in ottemperanza al decreto del Governo, ma come assunzione di responsabilità verso le persone più fragili e per rispetto di quanti stanno vivendo una situazione particolarmente difficile.

Il gruppo catanese di “Non una di meno” ieri ha deciso di annullare il tradizionale corteo sebbene non fosse stato vietato. Ma rispettare le distanze di sicurezza previste dal decreto del 4 marzo è difficile e, soprattutto, le donne hanno ritenuto importante “prendersi cura” delle persone che ci stanno accanto tutelandone la salute, a partire dalle mamme con bambini e anziani a carico. Una posizione condivisa con il movimento nazionale “Non una di meno” che per queste ragioni ha sospeso tutte le iniziative previste per lo “Sciopero femminista e transfemminista globale dell’8 e del 9 marzo” sottolineando come, ancora una volta, «il peso dell’emergenza si scarica soprattutto sulle donne», cui ancora una volta è delegato tutto il peso del lavoro di cura dei familiari, «in assenza di qualsiasi tutela e supporto pubblico». Una situazione – denunciano le donne del movimento – che esaspera le differenze sociali e i cui costi gravano soprattutto sulle categorie più deboli, quelle che rischiano di più in termini di maggiore esposizione al virus, di isolamento, di perdita di reddito e di sfruttamento lavorativo. Di qui la scelta di sospendere le iniziative in programma, «non tanto a causa dell’imposizione istituzionale, quanto perché, noi per prime, vogliamo posizionarci dalla parte di chi è più vulnerabile».

Annullata anche la manifestazione che La Ragna-Tela aveva previsto per domenica mattina a piazza Stesicoro con mostre, performance, musiche e interventi sul tema della potenza delle donne e dell’inviolabilità del loro corpo, simbolo dell’inviolabilità della comune Madre Terra. La lotta contro la violenza delle donne associata alla battaglia in difesa dell’ambiente. Bloccate anche alcune delle attività del centro antiviolenza Thamaja dove, in convenzione con i Dipartimenti di Psicologia e di Scienze politiche del nostro ateneo, si tengono numerosi tirocini, così come il corso annuale di formazione per nuove volontarie. Sospeso anche il corso a sostegno della rete antiviolenza di Caltagirone al quale partecipano 70 operatrici e operatori istituzionali del mondo della scuola, delle forze dell’ordine e della sanità. E rinviato anche l’appuntamento del tavolo itinerante e permanente sull’accoglienza delle donne vittime di violenza previsto per il 19 marzo al Policlinico. E già si registra un calo del numero delle donne che si rivolgono al centro antiviolenza dal momento che le mamme non hanno a chi lasciare a casa i propri bambini.

«Un colpo duro – commenta la presidente di Thamaja Anna Agosta (nella foto) – tanto più in considerazione di quanto emerge dal rapporto Grevio (Gruppo di esperte sulla violenza) del Consiglio d’Europa sull’applicazione della Convenzione di Istanbul del 2011, la legge più importante contro la violenza sulle donne». L’Italia l’ha ratificata nel 2013 eppure il rapporto Grevio per gli anni 2018-‘19 rileva notevoli criticità evidenziando come, ovunque – persino nei tribunali, nei servizi, tra le forze dell’ordine e nelle commissioni territoriali – le donne devono affrontare stereotipi e pregiudizi, soprattutto quando denunciano violenze e maltrattamenti e persino nelle cause di separazione. Il rapporto segnala che le donne italiane non ottengono misure di protezione efficaci, rischiano di perdere i figli nelle cause di separazione, e che il numero dei femminicidi è rimasto costante.

«In ambito sanitario – continua Anna Agosta – le Asp non si sono adeguate alle linee guida date e non esistono percorsi specifici per donne che hanno subìto violenza. Nei tribunali civili viene ancora chiesta la mediazione familiare – che pure la Convenzione di Istanbul vieta – e quando denunciano di avere subito violenza sessuale o maltrattamenti le donne vengono rivittimizzate, cioè viene messa in discussione la loro credibilità. E vorrei ricordare anche la violenza istituzionale nei confronti dei centri antiviolenza a causa dei ritardi nei pagamenti, persino nell’erogazione dei finanziamenti ottenuti vincendo progetti e appalti. Nell’ultimo anno il nostro centro ha perso 4 delle operatrici più preparate costrette a trovarsi un lavoro perché non si può vivere sempre da precarie». Confermato, ma solo in versione telematica, l’appuntamento dell’Ugl previsto per oggi alle 9,30 per raccontare come in 70 anni di lotte sindacali è cambiato il lavoro delle donne. La responsabile del dipartimento provinciale pari opportunità Giusy Fiumanò ed il segretario territoriale Giovanni Musumeci parteciperanno alla diretta sulla pagina “Facebook” della Ugl Catania Unione Territoriale.

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