MILANO – «Mi sono trovato per terra sdraiato con quattro che mi tenevano, uno mi ha puntato il coltello in faccia, chissà perché non mi ha dato una coltellata». Fabrizio Corona parla ai paramedici del 118 seduto nell’ambulanza, sono da poco passate le 22 e sul corpo porta i segni dell’aggressione appena subita all’interno del «boschetto della droga» di Rogoredo, l’area verde nella periferia sud di Milano che è da tempo una delle maggiori piazze di spaccio della regione. Corona era lì per girare un servizio con la troupe della trasmissione «Non è l’Arena» di Massimo Giletti. Parla agli operatori sanitari ancora sotto choc, come dimostra il tremore della mano sinistra, motivo per cui gli viene consigliato di andare in ospedale. «Non ha senso non andare, hai un pò di segni sparsi», si sente nel video caricato sul profilo Instagram dell’ex agente fotografico, che però rifiuta il trasporto. “Perché siamo caduti nei rovi – risponde – mi gira un pò la testa, ma sto bene, preferisco non andare».
Sulla sua pagina, da oltre un milione di followers, c’è la spiegazione di questo azzardo: «Mi sono recato al bosco di Rogoredo, patria nazionale dello spaccio italiano, dove anche la polizia si rifiuta di entrare. Mentre le uniche inchieste realizzate sono state fatte di giorno da giornalisti accompagnati da polizia di scorta a circondare la zona, io mi sono recato lì solo con un operatore e un fonico per raccontare il parallelismo della mia tossicodipendenza e quella che colpisce l’Italia e la povera gente che vede uno Stato inerme e una polizia disinteressata. Tutto questo solo per raccontare in maniera oggettiva, come ho sempre fatto, la realtà. Ora, in questo momento, ringrazio Dio per aver protetto mio figlio».
Il suo avvocato Ivano Chiesa ha chiarito che Corona non ha violato alcuna prescrizione del tribunale perché «stava facendo una cosa buona, voleva documentare una situazione difficile» e lo faceva «nel rispetto degli orari» stabiliti dalle prescrizioni dell’affidamento terapeutico, perché «il fatto è avvenuto intorno alle 22 e lui deve rientrare a casa alle 23.30».
Durante l’aggressione Corona e un membro della troupe hanno perso il cellulare, e proprio quest’ultimo stamattina è tornato nello stesso punto approfittando del blitz organizzato dai carabinieri. «Lo hanno riconosciuto quasi subito e gli hanno detto ‘ah tu puoi entrarè – ha raccontato uno dei cameraman all’Ansa -. In realtà era un modo per attirarlo in trappola, gli hanno messo le mani in tasca e hanno trovato il ricevitore della telecamera nascosta. A quel punto ci hanno aggredito e siamo scappati». L’operazione dei militari era in programma da diversi giorni e non è una risposta a quanto accaduto ieri sera. I carabinieri per tutto il giorno hanno presidiato l’area, secondo le nuove disposizioni del prefetto sui controlli straordinari. Sono state smantellate le baracche dei pusher che vivono all’interno, piccoli rifugi ricolmi di spazzatura e circondati da siringhe e pezzi di stagnola usata per sciogliere l’eroina. Davanti a uno di questi ripari, anche una valigetta con un kit di pronto soccorso con tutto il necessario per assistere una persona in difficoltà, comprese acqua distillata e aghi nuovi.