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Etna, affaire escursioni: c’era chi aveva capito tutto già un anno fa

Di Francesco Vasta |

Catania – Più di un anno fa, quando dell’inchiesta nessuno si immaginava, una persona aveva già messo nero su bianco l’accusa che da ieri ha travolto l’impero imprenditoriale di Francesco Russo Morosoli, il monopolista del turismo sull’Etna. Durante l’estate 2017, quella che che vede fallire l’unico appalto per le escursioni ai crateri redatto secondo i suggerimenti liberalizzatori dell’Autorità Antitrust, la guida turistica Eddy Tronchet presenta un esposto in procura per turbativa d’asta diretta a favorire il re della funivia. L’indebita interferenza di chi, secondo i magistrati, non voleva perdere la sua posizione di predominio si sarebbe pesantemente manifestata in quella gara del Comune di Linguaglossa che, per la prima volta nella storia e tra mille limiti, vedeva più imprese contendersi le escursioni in jeep ai crateri sul versante nord. Tronchet, candidato sindaco per il Movimento 5 stelle alle ultime elezioni comunali a Taormina, se ne convince e corre a denunciare tutto ai carabinieri.

Oggi l’accusa scrive che Russo Morosoli, insieme ai suoi fedelissimi – tutti ai domiciliari – Salvo Di Franco, Simone Lo Grasso e Franco Barone, il funzionario comunale che nelle intercettazioni viene definito «l’asso di mazze» del monopolio, avrebbero alterato quella gara non solo imponendo un piano di manutenzione della pista i crateri capestro e altre condizioni restrittive, ma anche attraverso delle vere e proprie minacce.

«Ve la faremo pagare». Questa frase avrebbe raggiunto Carmelo Cavallaro – ex forestale di Linguaglossa, indagato, il cui figlio era socio di Tronchet nella società “Etna’s road” – durante una delle riunioni tenute al Comune prima delle presentazione delle offerte. Alla fine a quella gara, poi revocata dal sindaco Salvo Puglisi, partecipano solo la Star di Russo Morosoli e la Gold service di Castiglione. Non Tronchet e soci, sebbene fossero pronti a farlo, perché l’azione intimidatoria avrebbe fatto breccia su Cavallaro, che molla la cordata per la paura ma poi, interrogato mesi dopo dagli inquirenti, nega tutto. Grazie alle intercettazioni, però, i magistrati avrebbero provato che quelle dell’ex forestale erano bugie. Le minacce subite da Cavallaro così come anomalie denunciate da Tronchet c’erano tutte, a partire da quella strana riunione precedente alla presentazione delle buste, durante cui Russo Morosoli in persona avrebbe scoraggiato i potenziali concorrenti agitando sempre lo spettro dei costi di manutenzione della pista per i crateri.

La vicenda è solo un tassello del mosaico messo insieme dalla procura per inchiodare il proprietario della funivia a Etna sud, nonché erede del gruppo per decenni ha gestito l’accesso ai crateri da nord. Nelle altri parti del puzzle c’è la politica locale, dipinta come passivo attore mentre Russo Morosoli faceva il bello e cattivo tempo. Il sindaco di Linguaglossa Salvatore Puglisi è indagato ma, alle persone che in queste ore gli sono state accanto, ha confidato di essere sereno. I suoi legali lo avrebbero rassicurato: dopo un confronto che nei prossimi giorni si terrà con i magistrati, è probabile che Puglisi rompa il silenzio. Ma l’eventualità si sue dimissioni evocate informalmente dalle opposizioni, specie in relazione allo strano episodio della rimozione delle cimici dal municipio effettuata dal tenente della Gdf Sergio Cerra – viene scartata nettamente.

Sulla stessa linea il sindaco di Nicolosi, Angelo Pulvirenti, indagato anch’egli e apertamente sostenuto da Russo Morosoli durante la campagna elettorale del 2017. Tutto si sarebbe poi concretizzato nelle sponsorizzazioni da 150mila elargite al Comune, corrispettivo affinché il primo cittadino commettesse poi atti contrari ai doveri d’ufficio. Elemento, le elargizioni, che però il gip Giuliana Sammartino non giudica come grave indizio di colpevolezza. Pulvirenti così ha deciso di andare avanti, ma certo è che l’attenzione sul riscatto della concessione all’esercizio della funivia di Russo Morosoli – procedura avviata dall’ex sindaco Nino Borzì, «denigrato» dal monopolista attraverso la sua Ultima tv, e che Pulvirenti avrebbe dovuto bloccare – sarà ancora più alta. Stentano, infine, le reazioni politiche sovracomunali, mentre il commissario del Parco dei Nebrodi Luca Ferlito, anche lui indagato, ha rimesso il mandato nelle mani del presidente Nello Musumeci. Solo la Lega interviene, ma concentrandosi sul filone del concorso per guide vulcanologiche inquinato dalla presunta parentopoli. «L’inchiesta – scrivono i dirigenti Fabio Cantarella e Vasco Agen – confermere i sospetti degli esclusi e della stampa, ci aspettiamo che anche l’Assessorato regionale al Turismo batta un colpo».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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