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Il reportage
Ecco la pista segreta dei clan dove si corre all’alba e si spara per incitare i cavalli
Dalle stalle di San Cristoforo alle curve. C’è ancora la linea del traguardo
La striscia bianca che segna il traguardo è ancora lì. Nonostante i giorni di pioggia è ben visibile sull’asfalto rattoppato di una strada delle campagne di Palagonia. L’abbiamo localizzato nel percorso in mezzo agli agrumeti trasformato in pista. Qui si è svolta la corsa clandestina di cavalli diventata caso nazionale dopo la denuncia dell’animalista influencer Enrico Rizzi, rilanciata in Parlamento dal deputato de I Verdi Emilio Borrelli. Asfalto bucato, avvallamenti, rattoppi. Un’arteria secondaria, che pare molto frequentata dai fantini e cocchieri catanesi.
La gara illegale
La gara illegale, con tanto di pistolero, è però avvenuta a oltre 40 chilometri di distanza dal centro storico di Catania. Dalla tangenziale abbiamo percorso la Ss 192. Poi ci siamo immessi nella famigerata SS 417. Siamo usciti allo svincolo per Palagonia. A un chilometro e mezzo si arriva nella zona di contrada Campanito (dove in passato sono state bloccate altre corse clandestine). Guardando il video condiviso dall’attivista social si sente il boato di almeno cinque spari. Mettendo il cellulare in prospettiva alla via adesso deserta i due panorami sono sovrapponili. Le curve, gli avvallamenti, la sagoma di un immobile (anzi lo scheletro) sullo sfondo, un cancello rosso nel passaggio di carrozze e moto. I tifosi incitano i cavalli a correre, strombazzando, urlando e sparando.
Tra degrado e abbandono
Ai margini della linea d’arrivo c’è un vecchio wc, poggiato nel verso opposto a come si è abituati a usarlo. Pare serva per poggiare i telefonini per registrare il momento della vittoria. Una sorta di moviola calcistica. Una sorta di Var “fatto in casa”. Dall’altro capo, invece, c’è un bidone di plastica. I cavalli sono arrivati a bordo di alcuni minivan o furgoncini. All’alba di una domenica di qualche settimane fa. La pubblicità mediatica, con duplice attenzione delle forze dell’ordine, ha bloccato al momento le competizioni. E di conseguenza il giro di scommesse. Solitamente la forbice delle somme messe in palio si aggira dai 100 ai 200mila euro. E anche in questo caso pare che le cifre sarebbero state quelle.
Il regno delle corse clandestine
Il regno pulsante delle corse clandestine di cavalli è nelle viuzze del centro catanese. A San Cristoforo ci sono le stalle delle due scuderie – già localizzate e sequestrate dalla polizia – che si sono contese il podio. La prima è al civico 198 di via Cordai. I cancelli sono dipinti di rosso e azzurro. Un’altra porta di entrata dei locali è stata aperta nonostante i sigilli del sequestro. C’è appesa una manina rossa che fa le corna, classico segno scaramantico partenopeo. Non è molto apprezzata la nostra curiosità. Nessuno ha visto e sentito niente. Strano visto che guardando su googlestreet la stalla dei cavalli è lì almeno da due anni. La seconda scuderia non è lontanissima. A darci il benvenuto in via Ignazio Castone è una barriera di immondizia, ma poco prima c’è una traversina che conduce in via Greco. E qui c’è il garage e poi il cancello rosso dove è in bella vista il foglio del sequestro attaccato dai poliziotti. Che proprio nei giorni scorsi hanno individuato altre tre stalle nella vicina via Testulla. Con tanto di sequestro di destrieri. I carabinieri invece hanno accerchiato gli stallieri del Villaggio Sant’Agata. Anche quella zona foriera di ambiziosi cavallerizzi clandestini.
Il business mafioso
Che dietro le corse clandestine ci sia il mondo della criminalità organizzata non è un mistero. Una delle due scuderie coinvolte nella gara di cavalli arrivata ai banchi del parlamento sarebbe legata al clan Cappello-Carateddi. Una delle prove è anche nella bandiera americana raffigurata in uno dei calessini sequestrati. La stessa bandiera che serviva in Corso Indipendenza a segnare i confini della piazza di spaccio gestita dai carateddi. Le bandiere sono utilizzate, soprattutto su TikTok, per far riconoscere a quale fronte e compagine criminale si appartiene. O si è vicini. Così se sventola il drappo del Brasile è clan Santapaola-Ercolano. Quella del Milan per assonanze di cose è quella dei cursoti milanesi. E i cappello-carateddi hanno scelto il vessillo a stelle e strisce. A proposito, chi ha sparato i colpi – a salve – nel corso della sfida dei calessini è un ragazzino legato a una famiglia di un certo peso del ramo più violento della cosca, cioè della corrente riferibile a Sebastiano Lo Giudice, da oltre un decennio al 41bis per omicidi e mafia. Fu arrestato da latitante, nel 2009, proprio in un summit che si teneva in una stalla di San Cristoforo. Corsi e ricorsi storici.