CATANIA – I giudici di primo grado della corte d’assise di Catania – presidente Cuteri, a latere Apostolico – hanno depositato le motivazioni della sentenza con la quale nell’aprile del 2017 condannarono Salvatore Di Grazia, accusato di avere ucciso e fatto sparire il cadavere, della moglie 70enne Mariella Cimò. L’uomo venne condannato a 25 anni di carcere (il pm Angelo Busacca chiese l’ergastolo). Nelle 124 pagine che ricostruiscono i fatti i giudici hanno accolto le tesi del pm, escludendo solo i motivi abietti e futili, sottolineati invece dall’accusa che elencò in 45 punti, sintetizzati in un decalogo, gli indizi di colpevolezza dell’uomo. La donna sparì dopo un litigio tra i due il 25 agosto del 2011 e di lei non si sono avute più tracce e notizie, ne il suo corpo è mai stato ritrovato. Il marito denunciò la scomparsa della donna solo undici giorni dopo, il 5 settembre. L’accusa non ha escluso di ricorrere in appello.