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Covid e dati, Catania supera Palermo: rischio di “cartellino rosso” per la città etnea

Di Giuseppe Bonaccorsi |

Catania – Catania supera Palermo. Sembra il risultato di una partita di calcio e invece è, purtroppo, il dato dei nuovi positivi giornalieri. Ieri il capoluogo etneo ha registrato 475 nuovi positivi contro i 331 di Palermo. Salgono anche i dati di Siracusa che ha certificato 165 casi. Una crescita esponenziale che ha spinto il commissario straordinario per il Covid, Pino Liberti, a dirsi «fortemente preoccupato». Si sente odore di cartellino “rosso” anche perché una crescita lenta, ma costante, si registra nei ricoveri ospedalieri che nell’ultima settimana ha avuto una impennata a due cifre. Oltre all’aumento dell’occupazione dei posti letto si registra anche una diminuzione dell’età dei pazienti. I due degenti in ecmo (la ventilazione extracorporea che esclude i polmoni) nella rianimazione del Policlinico sono soggetti relativamente giovani, entrambi maschi, uno dei ‘73 – di 48 anni – e l’altro del ‘77 – di 44 anni -. Il quadro clinico è severo e i medici si sono riservati la prognosi.

I due casi, sommati ai 4 ventenni ricoverati alla Pneumologia del Cannizzaro testimoniano che il Covid non conosce fasce di età. Si accanisce sugli ultraottantenni e sui fragili, che ora sono in minor numero per via delle vaccinazioni, ma talvolta prende di mira anche soggetti relativamente giovani, anche senza patologie, come nel caso del ventinovenne morto diversi mesi fa a Catania dopo un tentativo in extremis sempre con la ecmo. Per gli esperti la cautela resta d’obbligo se vogliamo tutti uscirne per l’estate, sempre che le vaccinazioni non subiscano intoppi come i rifiuti al vaccino AstraZeneca. Oggi, primo giorno del week end di somministrazione Astrazeneca senza prenotazioni, ci dirà se è possibile recuperare il gap accumulato. E sempre oggi il commissario Covid, Pino Liberti e i suoi collaboratori consegneranno ai medici di famiglia che hanno aderito alla campagna vaccinale seimila dosi di Moderna per andare a vaccinare i propri assistiti ultraottantenni casa per casa e convincere i più riottosi.

C’è un dato, però che fa capire a che punto siamo con la campagna vaccini nel Catanese. Ed è quello degli over 80 ancora da immunizzare. I cittadini di questa fascia di età ancora senza copertura sono trentamila, sui circa 70mila complessivi dell’intera provincia. Siamo ben lontani dal raggiungimento del traguardo previsto e più trascorrono i mesi più per i cittadini meno anziani sarà difficile essere vaccinati secondo i tempi previsti, quel fatidico settembre quando -ironia della sorte – potrebbe essere necessario rivaccinare i sanitari, visto che la copertura dei sieri oscillerebbe tra i 7 e i 9 mesi. Intanto sul fronte delle cure per i nuovi positivi il Garibaldi Nesima ha presentato all’Aifa un protocollo clinico per tornare a somministrare l’Ivermectina. Il primario prof. Bruno Cacopardo ha dichiarato che finora con l’ivermectina sono stati trattati 42 degenti con polmoniti di grado medio-severo e tutti e 42 sono guariti. Al trial hanno aderito numerosi reparti Covid di tutta la Sicilia.

In merito al trattamento con anticorpi monoclonali è intervenuto il primario di Malattie infettive del Cannizzaro, Carmelo Iacobello: «Noi abbiamo effettuato già 18 trattamenti. L’unica difficoltà che riscontriamo è quella della corretta valutazione del paziente eleggibile perché l’anticorpo va effettuato ai primi sintomi della malattia. Purtroppo per motivi a volte orgnizzativi ci ritroviamo a valutare pazienti che talvolta sono in una condizione clinica che non è più da anticorpo monoclonale, ma da trattamento di degenza ordinaria. Fino ad ora ci siamo trovati costretti a ricoverare un 10 per cento dei casi segnalati per il trattamento».

Questo sta a significare che è fondamentale una valutazione quanto più veloce possibile da parte dei medici del territorio?

«Non è il caso di dare sempre la croce ai medici che valutano perché molto spesso la valutazione viene basata sulla anamnesi e non è detto che il paziente riesca ad essere così preciso nella individuazione dei sintomi iniziali».

Forse una anamnesi corretta dovrebbe essere fatta andando a casa del paziente…

«Non è del tutto necessaria una anamnesi a casa del positivo, si può fare anche per telefono. Il territoro non può gestire questa massa enorme di contagiati. Allora il paziente da indirizzare al trattamento dovrebbe essere individuato già al momento del tampone».

Ma i tamponi a domicilio vengono fatti dai medici usca. Quindi devono essere questi medici a individuare i pazienti da indicare per il trattamento?

«Sono soprattutto loro quelli che hanno la responsabilità nell’individuazione dei pazienti per gli anticorpi».

Al di là della precisazione del primario Iacobello c’è un altro particolare che è emerso durante l’ultima riunione sui monoclonali che ha destato curiosità. Un rappresentante dei medici di famiglia ha dichiarato che esiste una legge, istituita durante la prima ondata pandemica, che individua «i medici usca come occhi e mani dei medici di famiglia a domicilio dei malati. Legge tuttora in vigore». Ma c’è anche una sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto un appello della Regione Lazio del dicembre scorso che dice al contrario che i medici di famiglia possono visitare i pazienti in casa. «Il senso della disposizione emergenziale non è quello di esonerare i medici di medicina generale dal carico derivante dall’esplosione pandemica affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente…». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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