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Il processo

«Così mi hanno presa e violentata», l’orrore di Villa Bellini raccontato dalla tredicenne vittima dei bruti

In 139 pagine la testimonianza della ragazza vittima dello stupro dello scorso 30 gennaio

Di Laura Distefano |

L’orrore alla Villa Bellini “cristallizzato” in 139 pagine. Il verbale dell’incidente probatorio sullo stupro avvenuto lo scorso 30 gennaio è stato depositato. Questo ha permesso di poter passare allo step successivo della vicenda giudiziaria.

Il giudizio immediato

Infatti, per i cinque egiziani maggiorenni è stato fissato il processo dopo che il gip ha accolto la richiesta di giudizio immediato presentata dalla pm Anna Trinchillo e dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, che hanno coordinato l’indagine condotta dai carabinieri. Si comincia il 24 settembre prossimo alle 9 davanti alla seconda sezione penale del Tribunale.

Il racconto della tredicenne abusata

I racconti della tredicenne violentata e del fidanzatino sono stati raccolti durante un’udienza fiume avvenuta nella sala protetta del Tribunale di via Franchetti alla presenza del gip Carlo Cannella e della gip dei minori Aurora Agata Russo. Accertata la capacità di testimoniare del diciassettenne, assistito dall’avvocato Eleonora Baratta, da parte dei periti si è proceduto con le domande da parte dei due giudici. Il ragazzo ha ripercorso quella serata di violenza all’interno del giardino Bellini. Il giovane ha aspettato la fidanzatina all’uscita di scuola e, assieme a un altro amico, hanno fatto un giro per il centro, tra via Etnea e largo Paisiello. Poi sono rimasti soli e hanno deciso di avventurarsi nel parco comunale, che intorno alle sette di sera è quasi deserto. Si sono seduti su una panchina a parlare vicino all’area giochi dedicata ai più piccoli. Hanno passeggiato mano nella mano. Non si sono mai accorti di essere stati presi di mira.

L’orrore a Villa Bellini

Ma quando sono usciti dalla toilette pubblica una “barricata” di «7-10 stranieri» li ha bloccati. Hanno scoperto di essere stati filmati. Un ragazzone alto e un po’ robusto avrebbe mostrato il video sul cellulare e avrebbe chiesto in cambio qualcosa per cancellarlo. L’adolescente ha dato un powerbank e dieci euro pur di farli allontanare. Tutto inutile. Il giovane dalla pelle olivastra ha cominciato a chiedere dei baci alla ragazzina, che avrebbe voluto fin dall’inizio lasciare il video e andare via. Invece tutto si è complicato. L’egiziano l’ha portata in uno dei bagni. Il fidanzatino ha sentito la tredicenne dire «basta», ma gli altri del branco lo hanno bloccato. Qualche minuto dopo è entrato un altro egiziano «ricciolino». La ferocia della violenza l’ha descritta la vittima con una lucidità tagliente, anche se in un primo momento «tremava, ansimava». Si è sentita incapace, incredula. Guardando il soffitto ha visto i guardoni. È riuscita ad aprire la porta una prima volta, ma è stata ostacolata dal secondo stupratore. La seconda volta però è stata più veloce di loro. Ha preso per il braccio il fidanzatino ed è scappata verso l’ingresso della villa. Ha chiesto aiuto, prima a una coppia di anziani che non avrebbero capito. Arrivata alla scalinata ha cominciato a singhiozzare e a piangere. Alcuni passanti hanno cominciato a chiedere cosa fosse successo. «Che ci aspetti a chiamare i carabinieri?», hanno sollecitato. La tredicenne ha ricordato che un «signore con le rose» l’ha fatta sedere sulle scalinate e l’ha tranquillizzata. Ma lei ha continuato a tremare.I militari sono arrivati proprio quando alcuni bruti sono passati da quella zona. «Eccoli», ha urlato il diciassettenne. Gli egiziani sono stati portati alla caserma di piazza Verga. La vittima invece è stato accompagnata in ambulanza in ospedale.

L’indagine

L’indagine ha avuto un’accelerazione grazie alla collaborazione di uno degli egiziani, che ha spiegato di aver tentato di fermare i due connazionali le cui tracce di Dna sono state rilevate sugli indumenti intimi della tredicenne abusata. Una prova regina che è frutto del lavoro sinergico dalla Sis del comando provinciale e del Ris di Messina.Nel corso dell’incidente probatorio i due egiziani hanno voluto fare dichiarazioni spontanee. Il primo ha detto di aver chiesto solo «dei baci», il secondo di aver fatto la «proposta» che sarebbe stata accettata.Il tentativo di aiuto alla vittima è una versione che ha accomunato molti degli imputati, ma non è stata mai ritenuta attendibile da investigatori e gip. Vedremo cosa accadrà nel dibattimento.Si attende intanto la fissazione del processo per i due minori.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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