Catania
Cosa accadrebbe con il “Big One”? Sicilia, ecco le 10 città nella lista nera
Catania. Cosa accadrebbe in Sicilia – terra di abusi edilizi, ad altissimo rischio sismico – se arrivasse il Big One? L’ultima risposta a questa domanda è in un dossier del Servizio sismico nazionale del 2013. Credevamo (e speravamo) che ci fossero stati degli aggiornamenti in positivo. E invece no.Ripartiamo dalla domanda: quali conseguenze avrebbe oggi, nell’Isola, un terremoto pari all’intensità massima di quelli registrati nella storia dei singoli territori?
E riprendiamo il dossier del 2013. Una simulazione realizzata usando alcuni parametri: la densità abitativa, ma soprattutto i dati del Sige, Sistema informatico di gestione delle emergenze della Protezione civile, sulla vulnerabilità degli edifici (in base ad altezza e a epoca/materiali di costruzione) e sul tipo di terreno dove sorgono. Su queste variabili, lo studio elabora i cosiddetti “scenari di danno comunali”. Con tre diversi scenari simulati: terremoti di bassa, media e alta intensità. Per l’ultima ipotesi si calcola la potenza massima della storia sismica di ogni singolo territorio. Ad esempio: per il sud-est siciliano il riferimento è il terremoto dell’11 gennaio 1693 (7,4 di magnitudo, 54mila morti e una cinquantina di città rase al suolo); per il Messinese è il 28 dicembre 1907 (7,1 di magnitudo, circa 70mila vittime).
Se oggi si ripetessero quegli eventi, il quadro – secondo il dossier del Servizio sismico nazionale – sarebbe apocalittico. Catania sarebbe la città italiana con il maggior numero di quelle che nel documento si chiamano “persone coinvolte” (morti e feriti): ben 161.829. A cui si aggiungerebbero 136mila senza tetto. Segue Messina, con 111.622 colpiti e 95.365 sfollati. Siracusa è al quinto posto (63.480 morti e feriti; 49.859 senza tetto), preceduta da Reggio Calabria (84.559 e 74.187) e Foggia (73.539 e 64.468). Pesante anche la stima su Ragusa (32.168 “persone coinvolte” e 27.493 senza più casa), Vittoria (26.399 e 22.835), Noto (10.264 e 8.612) e Pachino (8.278 e 9.245). Il dossier esamina 10 città-campione in Sicilia. Il bilancio: 436.347 fra vittime e feriti; 373.544 senza tetto.
Terrorismo sismico? No: cifre. Nero su bianco. Come l’inserimento del sud-est siciliano fra le zone a rischio sismico “1” (il massimo, su una scala che scende fino a “4”), insieme con Appennino centro-meridionale, parte della Calabria e Friuli Venezia Giulia, nella più recente classificazione dell’Ingv diffusa dopo il penultimo sciame registrato nel Centro Italia.
Anche perché – e di ciò la natura non ha colpa – i dati della sismicità vanno incrociati con quelli sul rischio idrogeologico, amplificato dalla cementificazione selvaggia. Nell’ultimo “Rapporto sull’abusivismo edilizio” della Regione si evince che l’84% degli immobili abusivi sorge in zone a rischio sismico: 423.603,61 metri cubi sui complessivi 500.752,01 fuorilegge. «Questi numeri sono in aggiornamento – ammette Maurizio Croce, assessore regionale al Territorio e ambiente – ma non si discostano molto dal 2013». Croce non ha competenze in materia sismica (affidata alla protezione civile), ma spinge sull’altro fronte: la mitigazione del rischio idrogeologico. «Fra Patto per il Sud e fondi Ue – ricorda – la Sicilia avrà a disposizione circa 800 milioni». Che non serviranno a rispondere a «una domanda di interventi stimata in circa due miliardi di euro». Ora «bisognerà decidere se affidare progettazione esecutiva e gare ai Comuni o centralizzare l’iter a Palermo». Ripartono, intanto, con 17,5 milioni di risorse europee, le “microzonazioni”: le mappe dettagliate, interrotte nel 2010 (si arrivò a coprire soltanto 58 comuni sui 282 a rischio).
Non c’è tempo da perdere. Né si può rimuovere – o fingere di farlo – un altro dato, sempre del 2013, dell’Ordine regionale dei geologi: in Sicilia la probabilità di sisma di magnitudo 7, nei prossimi 150 anni, è del 99%.
Twitter: @MarioBarresi
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