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Coronavirus Sicilia, dopo numero contagi è scontro su controlli nello scalo di Catania

Di Vittorio Romano |

Catania – Ieri il qui pro quo sul numero dei contagi. Per l’assessore alla Salute della Regione Sicilia Ruggero Razza i conti fatti dalla Protezione civile nazionale non sono stati esatti: “Dalla Regione abbiamo inviato a Roma sei tamponi, e uno è in partenza oggi, e non nove come asserito dalla Protezione civile nazionale (che avrebbe sbagliato mettendo nella conta anche i pazienti già guariti)”. Oggi una nuova polemica investe la gestione dell’emergenza coronavirus in Sicilia (che è bene ricordare non è ne zona gialla, ne rossa): i controlli effettuati nell’aeroporto Fontanarossa di Catania. Il presidente della Regione Nello Musumeci che sabato pomeriggio, 29 marzo, aveva effettuato un blitz nello scalo etneo proprio per verificare questa situazione, oggi risponde alle dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Sicilia dal direttore regionale dell’Usmaf Claudio Pulvirenti. 

“Comprendiamo la paura con la quale il direttore regionale dell’Usmaf abbia dovuto smentire quello che ha dichiarato pubblicamente davanti al prefetto di Catania, quello che hanno detto a noi i volontari, in presenza dei funzionari di polizia, e quello che hanno visto, nei giorni scorsi, migliaia di passeggeri in arrivo allo scalo etneo”, afferma il governatore Musumeci.  “Sono indignato – aggiunge – e penso che un funzionario dello Stato che mente pubblicamente non abbia il minimo senso delle istituzioni. A questo punto desidero sapere se da Roma è arrivato un nuovo impulso a non controllare i voli che arrivano dalle tre Regioni più esposte. Questa mattina scriverò al ministro Speranza. Basta con questi giochetti sulla pelle dei siciliani”.

Secondo le precisazioni dell’Usmaf, ovvero l’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera che dipende dal ministero della Salute, questo ente ha l’obbligo di eseguire i controlli soltanto sui passeggeri provenienti da voli internazionali e sui passeggeri in transito da Roma (da scali esteri) con meta finale Catania. È stato così fino a ieri e sarà così fin quando le disposizioni ministeriali non cambieranno.Sì, perché questa procedura non è un capriccio o una scelta dell’Usmaf, ma, come detto, una precisa direttiva del governo centrale che forse, alla luce di quanto sta accadendo in quelle regioni del nord, andrebbe corretta.

«Ho provato stupore nel leggere sul vostro giornale le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Regione, Nello Musumeci, che, dopo essere stato in visita sabato scorso all’aeroporto di Catania insieme con l’assessore alla Salute Ruggero Razza, ha detto, testualmente, che “finalmente l’Usmaf, da tre giorni a questa parte, provvede all’accertamento delle condizioni di salute dei viaggiatori di tutti i voli in arrivo” – ha detto il dott. Claudio Pulvirenti -. Niente di più falso. Le disposizioni ministeriali sono chiarissime e noi non abbiamo la libertà di cambiare le regole. Finora è così, e fin quando non ci sarà, se mai ci sarà, una nuova direttiva del governo Conte, noi continueremo a fare i controlli sui passeggeri in arrivo dall’estero e da Roma. Tutti indistintamente, perché su quelli che arrivano da Fiumicino non possiamo sapere se hanno fatto altri scali». Fonti molto attendibili hanno confermato che in realtà negli ultimi giorni, da quando il virus è arrivato al nord Italia, controlli a campione vengono eseguiti anche su chi arriva dagli scali di Milano, Bergamo, Venezia e Bologna. Fatto, questo, che non viene smentito dal dott. Pulvirenti.

«C’è un aspetto non trascurabile del problema – ha aggiunto il direttore regionale dell’Usmaf – dato dalla carenza di personale da impiegare negli aeroporti italiani. Nello scalo di Catania Fontanarossa abbiamo i volontari della Croce Rossa, del Cisom e delle Misericordie, coordinati dai medici del ministero, e inoltre abbiamo coinvolto medici della continuità assistenziale e giovani dottori che hanno così la possibilità di arricchire i loro tirocini».Funziona in sostanza così. A tutti i passeggeri dei voli “attenzionati” viene misurata la temperatura corporea. Se questa è sopra i 37,5 gradi, il medico fa un’anamnesi: approfondisce le condizioni generali, valuta se ci sono tosse, rinorrea, febbre alta, e chiede informazioni sui luoghi dove si è stati. «Se individuiamo un potenziale caso di coronavirus – ha concluso Claudio Pulvirenti – chiamiamo la Croce Rossa, che ha una convenzione col ministero, e le consegniamo il paziente, essendo l’unica abilitata al trasporto negli ospedali attrezzati.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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