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Catania, Tuccio D’Urso: «Paghiamo milioni di affitti, il PalaRegione sarebbe gratis»

L'ingegnere catanese ha lavorato gomito a gomito con l’ex presidente e oggi ministro Nello Musumeci per pensare il sistema dei PalaRegione in giro per la Sicilia

Di Luisa Santangelo |

Dobbiamo chiarirci: i due palazzi della Regione si sarebbero costruiti gratis, chiaro? Gratis. Solo coi risparmi degli affitti passivi che paghiamo ogni anno e che mi pare che siano tra i 60 e i 70 milioni di euro per tutta la Sicilia, ma questa cifra la verifichi». L’ingegnere Tuccio D’Urso, dismesso il caschetto giallo, non ha cantieri da guardare. Perché quelli a cui avrebbe voluto assistere non sono intenzionati a partire.Guardando l’elenco dei «canoni di locazione passivi a uso governativo e istituzionale», aggiornato al 2021 (l’ultimo pubblicato nell’Amministrazione trasparente della Regione Siciliana), le cifre si ridimensionano e si arriva a poco meno di 31 milioni di euro l’anno. Per la costruzione del PalaRegione di Catania ne sarebbero dovuti servire 32, per quello di Palermo è preventivato un intervento di 425 milioni di euro. In 15 anni, si sarebbero ripagati entrambi, volendo seguire il ragionamento di Tuccio D’Urso.

È lui ad avere lavorato gomito a gomito con l’ex presidente e oggi ministro Nello Musumeci per pensare il sistema dei PalaRegione in giro per la Sicilia. «Dovevano essere uno per ogni provincia, con quello principale da farsi a Palermo. Che poi è quello che io ho pre-pre-progettato», afferma. «A quello catanese, invece, si era interessato il presidente Musumeci in prima persona». Valutando i possibili luoghi, immaginando prima l’ex ospedale Ascoli-Tomaselli e poi arrivando a definire il terreno di Nesima, di fronte all’ospedale Garibaldi, proprio a due passi dalla metro Fontana.Il PalaRegione di Palermo, a differenza di quello di Catania, «è blindato da una legge regionale», afferma D’Urso. È la numero 13 del 2019 che, all’articolo 1, recita: «L’Amministrazione regionale, ai fini del contenimento della spesa corrente, del conseguimento di una migliore razionalizzazione dei servizi forniti all’utenza e dell’efficienza delle proprie attività istituzionali, realizza entro il termine di venti anni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Centro direzionale regionale in Palermo». E poi via a stabilire i tempi serrati di approvazione del progetto definitivo, trasmissione al Consiglio comunale di Palermo, emissione delle disposizioni attuative. «In questo momento, senza dare corso al progetto del Centro direzionale di Palermo, si sta deliberatamente violando una legge regionale per volontà politica», prosegue l’ingegnere. Già dirigente dell’Ufficio speciale per l’emergenza traffico a Catania, già direttore generale dell’assessorato regionale all’Energia, già commissario delegato per l’attuazione delle opere necessarie a fronteggiare l’emergenza Covid-19, il curriculum di D’Urso parla da solo.

«Con il presidente Musumeci abbiamo vissuto un grande periodo di euforia progettuale – afferma Tuccio D’Urso – a cui segue adesso una grande decadenza, su questo fronte». Se l’idea dei palazzoni regionali era nata per risparmiare su quanto si paga per ospitare gli uffici, i concorsi di progettazione aggiudicati e le prospettive di costruzione abortite sono passati per essere «soldi buttati». «Chi ha partecipato e vinto i concorsi di progettazione certamente non la pensa così», ride l’ingegnere.«Sugli uffici regionali bisognerebbe fare un discorso molto chiaro – continua – Dei palazzi in cui si lavora, praticamente nessuno rispetta la normativa antisismica». Le nuove costruzioni, invece, almeno da questo punto di vista dovrebbero essere una garanzia di sicurezza. «Lei pensi, poi, a questi begli edifici che si sarebbero ripagati da soli cancellando gli affitti e azzerando gli sprechi». Secondo la legge regionale, il centro direzionale di Palermo dovrebbe poi rispondere «al più elevato standard di risparmio energetico, di bioarchitettura e sostenibilità ambientale, allo scopo di migliorare il microclima interno, rendendolo autosufficiente utilizzando impianti alimentati con fonti rinnovabili per la copertura del fabbisogno energetico primario integrato con impianti solari termici per il fabbisogno di acqua calda sanitaria». Ci dovrebbe essere «un’area destinata al compostaggio domestico» e un’altra attrezzata «per il parcheggio di biciclette e per i mezzi elettrici o mezzi similari». «Quello di Catania… – conclude Tuccio D’Urso – La politica etnea avrebbe dovuto difenderlo di più, ecco».

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