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Catania, si comincia a parlare di poltrone e il tavolo del centrodestra già “traballa”

Alleati in rivolta per le condizioni iniziali di FdI. Tensioni su peso delle liste e posti alle circoscrizioni. Subito a ogni forza va un assessore

Di Redazione |

Quando i delegati di Fratelli d’Italia, col sorriso stampato in volto, esternano agli alleati l’idea che Enrico Trantino debba essere considerato «fuori quota rispetto ai partiti» e soprattutto l’intenzione del candidato sindaco di «riservarsi la nomina di un assessore di fiducia, fuori dalle logiche dei partiti», allora sì che il tavolo catanese ha cominciato a traballare. Perché, dopo aver esultato in un coro unanime per l’«alto profilo» del «nome di sintesi», adesso il centrodestra catanese si trova a discutere del tema ben più concreto e divisivo: le poltrone. Assessori in giunta (in prima e seconda battuta) e vertici in consiglio, ma anche presidenti delle Circoscrizioni e, di rimando, le cosiddette «compensazioni» nelle partecipate da assegnare ai delusi.

La corda tesissima

Ieri mattina, alla fine, il tavolo non s’è rotto. Nonostante le voci sui contrasti interni giungano fino a Renato Schifani, che segue a debita distanza, ma con molta attenzione, le trattative etnee. «Questi qui sono impazziti», è la considerazione che arriva al governatore forzista subito dopo la proposta di FdI sulla distribuzione dei pani e dei pesci, «a prescindere dal candidato sindaco, che va considerato espressione di tutta la coalizione». Il commissario regionale di Forza Italia, Marcello Caruso, in contatto con i due delegati al vertice, Marco Falcone e Nicola D’Agostino, a un certo punta invia sms di fuoco: «Ragazzi, se il punto di partenza è questo, allora lasciate la riunione: facciamo saltare tutto».

I miti consigli

Ma si giunge a più miti consigli. Sullo “status” dell’aspirante sindaco ci sarà «un approfondimento in sede nazionale», che confermerà o smentirà un accordo fra i leader del quale, comunque, a Catania non vogliono sentire parlare. Sostanzialmente depennata, invece, l’ipotesi di un assessore in quota Trantino. A questo punto nello studio dell’avvocato-candidato (che ha fatto un’introduzione per poi allontanarsi e tornare più volte nella sala riunioni) si comincia a entrare nel dettaglio. Al vertice gli sherpa inviati da tutte le forze: oltre ai già citati forzisti, Fdi (Fabio Fatuzzo e Ruggero Razza), Lega (Valeria Sudano e Fabio Cantarella), Mpa (Salvo Di Salvo e Alessandro Porto) e Dc (Andrea Messina e Carmelo Sgroi).L’unico punto su cui tutti, pur con qualche isolato mal di pancia (gli autonomisti presentano due liste e vorrebbero una doppia rappresentanza), convergono è il primo step della spartizione: un assessore per ogni partito nei cinque che Trantino designerà già in campagna elettorale. Su questa fase «delicata per l’immagine della coalizione» il candidato meloniano è stato chiaro. Vuole «una rosa di nomi autorevoli, di alto livello, che comprenda anche donne». E sarà lui, compatibilmente con i desiderata degli alleati, a scegliere chi indicare prima del voto. Eppure, fra i vecchi marpioni del centrodestra catanese, c’è chi si dice certo che «alla fine ogni partito sceglierà il suo». Vedremo, magari si troverà un compromesso.

La copertura di Giorgia Meloni

L’aspirante sindaco ha ricevuto da Giorgia Meloni in persona un’indicazione precisa: «Sulle questioni più importanti fai riferimento a me», gli ha detto la leader in un faccia a faccia romano. E Trantino s’è mosso di conseguenza, con alcune interlocuzioni informali con i big alleati nelle quali avrebbe pure espresso, oltre che il criterio dell’«alto profilo», anche qualche preferenza su alcuni nomi che gli stanno a cuore e qualche freddezza su talune proposte anticipate dagli alleati.

I criteri per scegliere gli assessori

Il problema, però, si pone sul dopo. Quale criterio scegliere per l’attribuzione degli altri cinque assessori, fra cui il vicesindaco (prenotato dai leghisti), e del presidente del consiglio comunale, a cui non fa mistero di puntare l’Mpa? Le ipotesi sul tavolo sono due. C’è chi sostiene che la scelta vada basata sulla percentuale dei voti (su questa linea gli uomini di Raffaele Lombardo, che punta sulla sommatoria di Mpa e Grande Catania, ma per certi versi anche i meloniani, che si attribuirebbero i numeri di FdI e della civica Trantino Sindaco), mentre altri, soprattutto la Lega, in campo con l’unica corazzata sammartiniana Prima l’Italia, propende per un computo in base al numero di consiglieri eletti. Più laica la posizione di Forza Italia, guardinghi i cuffariani soprattutto dopo aver incassato la par condicio al primo round.

Le circoscrizioni

Se ne riparlerà giovedì prossimo, in serata. Assieme a un altro tema, in apparenza minore, sul quale s’è molto alzato il livello di scontro: la scelta dei candidati presidenti delle Circoscrizioni (fino a oltre 1.300 euro di indennità di carica mensile), nelle quali il centrodestra conta di fare l’en plein. Ma c’è un problema di mancata corrispondenza: le poltroncine sono sei, mentre gli alleati sono cinque. Un’equazione algebrica a cui i lombardiani trovano subito una semplice soluzione: «Noi abbiamo due liste, quindi ce ne prendiamo due». Furiosa la reazione della Lega. E, pur essendoci qualche alleato disposto a rinunciare alla presidenza, «ma con qualcosa in cambio», la questione viene rinviata.

Prevale il buon senso

Alla fine, dopo qualche discussione accesa, prevale il buon senso. Misto all’ottimismo spinto («queste elezioni non le vinciamo, le stravinciamo») che non fa perdere di vista la «necessità di non dare l’impressione di una coalizione che litiga per le poltrone». E dunque, grazie anche ai lucidi consigli dei più esperti in materia spartitoria, si arriva a una mediazione che, in prospettiva, magari non metterà tutti d’accordo, ma ridurrà al minimo gli scontenti. L’idea è attribuire un “coefficiente” di importanza a ogni posto. Ad esempio: 3 al sindaco, 2 al presidente del consiglio comunale, 1 agli assessori (1,5 al vice), 0,5 ai presidenti di circoscrizione e via spartendo. Dunque: si parte con «pari dignità per tutte le forze» e, in base ai risultati (si dovrà decidere se col criterio della percentuale di voti o con quello dei consiglieri eletti) si redistribuiranno gli altri cinque assessorati, i vertici consiliari e le partecipate. Il “Cencelli alla Norma”, insomma, è già servito. Sulle porzioni, ancora, c’è da lavorare.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA