Da qualche mese ha cominciato a lavorare a una nuova candelora, la candelora dei Devoti di Sant’Agata, che sfilerà forse a partire dal 2021 accodandosi alle altre. La Diocesi e i responsabili dei festeggiamenti per Sant’Agata hanno dato tutte le autorizzazioni necessarie; il parroco della chiesa di San Francesco di Paola alla Civita, al porto, si è detto disponibile ad ospitare la nuova candelora e a dare una piccola stanza come sede del gruppo dei Devoti di Sant’Agata. Infine la scelta dello scultore: Giovanni Sessa, 60 anni.
Per lui non è la prima volta. Già cinque anni fa si era cimentato con la realizzazione di una candelora, quella dei Maestri artigiani, che ha cominciato a sfilare nella festa due anni fa ed è ospitata nella chiesa di Santa Maria Assunta al Tondicello della Plaia. Ora la nuova impresa che richiederà, con l’aiuto di due operai, almeno 18 mesi di lavoro. Giovanni Sessa ha scelto di realizzare una candelora in legno di tiglio, leggero e resistente ai tarli, e l’ha progettata di grandi dimensioni e in stile barocco, come la maggior parte dei cerei dedicati a Sant’Agata. La struttura si svilupperà in quattro ordini in ognuno dei quali – ad eccezione della base caratterizzata da volute a foglia di acanto ed elementi floreali – ci saranno dei putti, 12 in tutto, alcuni con gli strumenti del martirio in mano, altri che reggono festoni e, sulla sommità, la corona della Santa. Al terzo ordine sono previste le scene del martirio della Patrona di Catania scolpite e poi dipinte.
A questa prima parte del lavoro – in cui Giovanni Sessa è progettista, falegname, ebanista e scultore – seguirà quella della doratura che richiederà altri sei mesi almeno. Infatti bisogna trattare la struttura in legno creando una superficie di 2-3 millimetri di gesso di bologna, un gesso sottilissimo, steso a mano più e più volte. Su questo strato sarà poi steso il “bolo”, un collante in grado di assorbire le fogliette d’argento mecca che vengono stese una ad una, con certosina pazienza, e poi lucidate con piccole stecche di pietra d’agata. L’operazione si conclude con la pittura degli angeli e delle scene del martirio e con la decorazione di queste ultime. E va ricordato che bisogna prevedere anche i braccetti d’ottone per i punti luce, una sessantina, e il telaio dove inserire le stanghe che reggono la candelora.
Un lavoro impegnativo che richiede competenza, fantasia, dedizione e amore, doti che a Giovanni Sessa non mancano. Già a tre anni rubava le patate di casa per scolpirle con un coltellino, ed era talmente bravo che la mamma non riusciva a sgridarlo, anche se per una famiglia di 10 persone che viveva con il solo lavoro del papà le patate erano un bene prezioso, da non sprecare. Il piccolo Giovanni entra in bottega a 6 anni, per sua scelta. Vicino alla scuola che frequentava, la Santi Giuffrida, c’era la bottega dei due scultori Pippo Lo Faro e Michele Grasso, i suoi maestri. Finiva le lezioni il pomeriggio, alle 17, e invece di andare a giocare si fermava a guardare e a lavorare, nonostante la mamma avesse preferito averlo a casa. «Realizzavo i piedi delle sedie o di altri mobili, piccole cose che potevano essere fatte da un bambino. Lavoravo e imparavo e i miei maestri, a fine settimana, mi davano un ghiacciolo o un gelato, e 100 o 200 lire quando cominciai a fare il ragazzo di bottega, a pulire e a tenere il ordine il laboratorio».
A 9 anni la lezione che lo ha segnato per tutta la vita. «Mentre lavoravo il mio maestro Pippo Lo Faro mi ha messo una mano sulla spalla, fermandomi. Mi ha detto: “Giannuzzo, posa la sgubbia”, la sgorbia, l’attrezzo per lavorare il legno. Ero preoccupato, pensavo di avere fatto qualche danno. Invece mi disse: “Hai una manuzza felice. Lo so che se fai una rosa la fai bella, ma devi fare sentire u ciauru”, l’odore. Non l’ho dimenticato. Questo per me è l’essenza della vita, il rapporto umano. L’odore, come quello di un figlio che abbraccia la madre prima di mettersi a studiare. Se non c’è ciauru non c’è amore».
Un criterio che ha guidato tutte le sue scelte, dallo sport, il kung-fu di cui è maestro – disciplina intrapresa a 11 anni per guidare e incanalare la rabbia incontrollata che lo prendeva quando i compagni lo sfottevano per una balbuzie poi scomparsa – all’attività lavorativa in proprio, intrapresa a soli 19 anni, nello stesso tempo in cui andava militare e faceva la classica “fuitina” da cui ha avuto la gioia di due figli, Sebastiano e Tommaso. Da allora tante le opere realizzate, come la statua della Madonna della Sciara per il santuario di Mompileri; una copia del quattrocentesco Cristo Morto di Ciminna, ora a Chicago; una statua di Florence Nightingale, la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, ora ad Osaka; e tanti altri arredi per case private e anche scenografie per il Teatro Massimo Bellini. E ora questa nuova scommessa: la monumentale candelora dei Devoti di Sant’Agata.