Almeno questo è quello che emergerebbe dal controllo effettuato mercoledì scorso dai poliziotti del Commissariato Borgo-Ognina all’interno di una parafarmacia/farmacia veterinaria nella zona del viale Sanzio.
Gli agenti hanno trovato dietro il banco vendita due farmacisti, un uomo e una donna. Il primo di origine iraniana, ha dichiarato di lavorare lì da più di anno ma senza un regolare contratto di lavoro. E fin qui, nell’assoluta mancanza di regole che governa il mondo dell’occupazione, soprattutto a Catania, verrebbe da dire (tristemente) che non c’è nulla di nuovo. Ma la cosa veramente esecrabile è che il farmacista in questione ha percepito nel 2016 un’indennità di occupazione pari a 5.550 euro e per il 2017 ha già presentato la richiesta per il reddito di inclusione sociale, un sostegno economico che dovrebbe essere destinato alle persone veramente in difficoltà, leggasi disoccupati. Di conseguenza, il farmacista è stato indagato per il reato di truffa e falsità ideologica commessa da un privato in un atto destinato ad un ente pubblico.
L’altra farmacista, invece, lavora nell’esercizio commerciale da tre anni per un totale di 9 ore al giorno e guadagna 3 euro e 80 centesimi l’ora. Il datore di lavoro e la stessa farmacista hanno dichiarato che il contratto di lavoro è “part time”.
A questo punto i poliziotti, visto lo stipendio esiguo corrisposto alla dipendente e le diverse violazioni in materia di tutela del lavoratore da parte del datore di lavoro, hanno indagato quest’ultimo contestandogli l’articolo 603 bis del codice penale, quello che punisce, tra l’altro, chi sottopone i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfitta del loro stato di bisogno.
Inoltre il farmacista-datore di lavoro, palermitano, è stato indagato anche per false attestazioni a pubblico ufficiale, per aver dichiarato fatti verisimilmente diversi rispetto alla realtà e, in certi casi, per aver omesso di riferire circostanze utili alla ricostruzione dei fatti.