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Catania, «lotta a quella zona grigia che toglie il respiro alla città»

Di Concetto Mannnisi |

CATANIA – Questa volta il botto di fine anno arriva direttamente da loro, ovvero dai carabinieri del comando provinciale. La deflagrazione è potente, non v’è dubbio alcuno, ma a sentirla non sono state le persone perbene, piuttosto i delinquenti che agiscono tanto in città quanto in periferia e che hanno dovuto fare i conti con l’iperattività degli uomini e delle donne dell’Arma di Catania, primi in Sicilia per numero di arresti effettuati (oltre 1.800) e pure per misure cautelari eseguite (le statistiche parlano di oltre il 14 per cento rispetto al già florido 2018).

Numeri imponenti, diciamo pure da applausi, che inorgogliscono il comandante provinciale Raffaele Covetti – il quale, fra l’altro, ha da poco iniziato il suo terzo anno qui, ai piedi dell’Etna – ma che non devono rappresentare di certo, in una città difficile come la nostra, un punto d’arrivo. «E’ evidente che non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo fermarci – sottolinea lo stesso colonnello – ma il moto di soddisfazione è normale che ci sia: giusto il tempo dei festeggiamenti di fine anno, però; siamo già proiettati a guardare oltre».

Dopo oltre 27 mesi in questa realtà lo fa certamente da un “osservatorio privilegiato”. Come vede, a tal proposito, Catania? Come la giudica?

«E’ una città di cui sono innamorato, perché ricorda tantissimo la mia Napoli. Ma è anche una città problematica, che soffre di una zona grigia che le toglie ossigeno: qui in troppi fanno finta di non vedere, in tanti non si rendono conto dell’importanza di non essere contigui con certi ambienti. Questa zona grigia mi preoccupa e mi dispiace riscontrare la rassegnazione in tanti catanesi».

«Eppure – prosegue – lasciatevelo dire da chi viene da fuori, Catania è una città che possiede potenzialità notevoli. Soltanto che non sono sfruttate. Per fare questo basterebbe già assecondare, semplicemente, le caratteristiche del territorio: clima e comparto enogastronomico, tanto per cominciare, potrebbero rappresentare un volano straordinario e creare condizioni economiche per il rilancio; quindi potrebbero fungere pure da moltiplicatore e garantire sviluppo».

Sarebbe fondamentale far trovare al turista il mare pulito. E contrastare gli scippi, oggettivamente in calo, lungo gli itinerari turistici del centro storico.

«Per quel che riguarda il primo punto siamo d’accordo, ma torniamo al discorso fatto in premessa sulla necessità di valorizzare ciò che abbiamo. A cominciare da quella miniera inesplorata che per me è l’Etna. Per quel che riguarda il secondo, invece, posso garantire che con le altre forze di polizia siamo più che attivi. E i risultati ci stanno premiando».

Non si riesce a passare allo step successivo.

«Perché il turista va fidelizzato. Io ai miei amici che vengono in visita consiglio di fermarsi a Catania, che si trova in una posizione straordinaria, e poi recarsi negli altri centri di turismo dell’Isola. Se si riuscisse a far ragionare chi viaggia in tale ottica la città ne guadagnerebbe, ci sarebbe più lavoro e leveremmo mano d’opera alla criminalità organizzata».

Che c’è e non ammaina bandiera.

«Ma che approfitta proprio della mancanza di lavoro per ingrossare le proprie fila. Quando a un giovane che non fa nulla garantisci 40-50, fino a 100 euro al giorno per fare la vedetta o lo spacciatore, beh, hai gioco facile a coinvolgerlo in certe attività illecita. Ma se a questo stesso giovane offri un lavoro onesto e senza i rischi collegati alla contiguità con certi ambienti, state sicuri che, salvo rari casi, la scelta non sarebbe quella del crimine».

Invece in questo momento la città è invasa da fiumi di droga. E ciò nonostante il vostro lavoro e le frequenti chiusure di rinomate piazze di spaccio. Non vi sembra un po’ di fare come il tizio che intendeva svuotare il mare con un secchiello?

«No, non è così. Perché quando chiudiamo delle piazze di spaccio, arresti a parte, i clan perdono migliaia e migliaia di euro per sostenere i detenuti e per pagare chi garantisce loro il controllo del territorio. In parole povere li indeboliamo e, cosa da non sottovalutare, sottraiamo anche denari da investire in altre attività illecite».

Il pizzo, invece, si continua a pagare.

«Purtroppo è così. E ci sono commercianti che scelgono di pagare con troppa disinvoltura, chiedendo con altrettanta disinvoltura favori e cortesie a chi vive, invece, al di fuori della legge. Anche in questo caso ritorniamo al discorso relativo alla zona grigia, che mi indigna ancor di più in casi come questi, quando abbiamo dimostrato che a seguito di precise denunce siamo in grado di colpire – e duramente – gli estortori».

Insomma, benché silente la mafia a Catania c’è, eccome. Ma non è che prestando la comunque necessaria attenzione ai colletti bianchi ci si sta dimenticando di fronteggiare questo aspetto del fenomeno mafioso?

«Neanche per idea. Forse c’è un sentire comune, magari collegato al drastico calo degli omicidi, che ha portato il cittadino a sottovalutare questo aspetto del problema mafioso, ma posso garantire che forze dell’ordine e magistratura mantengono ben alta la guardia, visto che in questo momento i clan sono più deboli e maggiori sono le possibilità di riuscita nell’ottica di metterli all’angolo».

C’è poi il discorso della mafia delle campagne.

«E anche in questo caso siamo più che attivi. Questa è una terra ricca, che garantisce produzioni d’eccellenza in ogni momento dell’anno. Ormai abbiamo un nostro calendario che osserviamo con accuratezza, affiancandoci a chi produce arance, ciliege, pistacchi, uva, carciofi e via discorrendo. Serve, però, che anche la gente ci stia vicina. A Mazzarone lo stanno facendo, costituendo una rete di operatori che collabora stabilmente con l’Arma. Mi auguro che facciano lo stesso anche altri coltivatori di altri centri. E che coloro i quali – perché purtroppo ci sono – sfruttano i lavoratori o si rendono responsabili di altro genere di reati comprendano che è arrivato il momento di affrancarsi da tali attività».

A proposito, mesi fa ci aveva parlato di un progetto di videosorveglianza per la zona delle campagne di Caltagirone.

«E’ pronto e adesso speriamo che arrivino i finanziamenti. Perché la videosorveglianza è fondamentale nell’attività di prevenzione e in quella di contrasto. Lo sappiamo bene anche a Catania, dove il prefetto Claudio Sammartino sta spingendo a più non posso per “coprire” quante più aree della città».

Torniamo a Catania e all’ufficio dedicato alle vittime di violenza di genere.

«Anche in questo caso abbiamo registrato numeri importanti, con 173 denunce in un anno. In media una ogni due giorni. A tutti i casi abbiamo dato una risposta adeguata: segno che la fiducia in noi è stata ben riposta»

Ma lei lo affermerebbe che oggi Catania è una città sicura?

«Senza dubbio è più sicura di qualche anno fa. Siamo passati dalle oltre 1300 rapine del 2013 su tutto il territorio, ad esempio, alle meno di 400 di quest’anno. Sono sempre tante, lo so, ma significa che l’impegno c’è stato e che ha pagato, sta pagando. Non bisogna fermarsi, però. Ora bisogna produrre il massimo sforzo per arrivare ai risultati che vogliamo».

La più grande delusione del 2019?

«Nessuna. Abbiamo ottenuto tutti i risultati che c’eravamo prefissi».

E la più grande soddisfazione?

«L’incremento dei numeri, ma mi piace ricordare un biglietto d’auguri appena ricevuto da un’anziana di Giarre: era sola in casa e, dopo una caduta, non riusciva più a muoversi; è stata soccorsa da un carabiniere che è rimasto con lei a confortarla fin quando la situazione non si è normalizzata. La signora ha sentito la necessità di ringraziarci per questo nostro impegno. Ci ha emozionati. Ma è anche questo essere carabinieri».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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