«È vero – conferma l’uomo – si è trattato di due distinti episodi. Entrambi legati al controllo del territorio. Ho sentito dire da qualcuno che forse ci sarebbe finito qualche italiano nel mezzo. Credetemi, non mi risulta affatto. Automobili ferme quando questi ragazzi hanno cominciato a litigare non ce n’erano e non penso che qualcuno abbia avuto voglia di parcheggiare poco distante e attaccare briga contro una moltitudine di persone, sapendo già che per questioni numeriche avrebbe rischiato di prenderle di brutto».
Cosa è accaduto, allora? È presto detto: «Tutto si è iniziato per una mancata intesa fra lavavetri in merito alla pulizia del parabrezza di un’auto. Da una parte i bengalesi e dall’altra i nigeriani, questi ultimi arrivati da poco e che, giorno dopo giorno, stanno crescendo di numero. C’è stata una zuffa, una fiammata, poi qualcuno ha lasciato l’incrocio e qualcun altro è rimasto. Chi è andato via, però, non lo ha fatto perché sconfitto, ma perché ha ritenuto di doversi andare ad armare di bastoni più grossi di quelli con cui si gestisce il rastrello da lavavetri.
«Tornati sul posto – prosegue – c’è stato il parapiglia, con un fuggi fuggi nelle due direzioni. Ciò mentre gli automobilisti catanesi guardavano sorpresi e provavano a svicolare. Poi qualcuno ha chiamato il 112 e in breve sono arrivate tre “gazzelle” dei carabinieri. Ovviamente quando sono arrivate non c’era più nessuno e se qualcuno di loro aveva pensato di fermarsi ancora, beh, ha impiegato poco a volatilizzarsi».
La pioggia caduta nella giornata di lunedì avrebbe sconsigliato i lavavetri a tornare in via Giuffrida per presidiare l’incrocio. E anche ieri mattina non è che ci sia stata la solita presenza numerosa di migranti, anche perché a un certo punto si sono materializzate delle divise e i più “ardimentosi” hanno preferito battersela a gambe levate. Intorno alle dieci soltanto un ragazzo africano ha provato a tornare nella zona dei semafori, ma la sua presenza è durata poco, anche perché con la pioggia battente non c’è stata più necessità dei suoi servizi.
«Io capisco il loro stato – dichiara il testimone – ma credo che se noi andassimo nei loro Paesi difficilmente verremmo tollerati così come accade qui. Fra l’altro, a fronte di alcuni ragazzi tutto sommato educati, ce ne sono alcuni che, specialmente con le donne, dimostrano eccessiva insistenza e aggressività. Non sarebbe male mantenere un presidio di forze dell’ordine in zona per qualche giorno, magari con qualche retata per vedere quanti di questi sono in regola e quanti no».
Oggi, intanto, conclusa la grande “sbornia” agatina, la città tornerà alla normalità. Chissà se, tempo permettendo, lo faranno anche i lavavetri, nel tentativo di recuperare il possesso del “loro” incrocio e di appianare ogni dissidio per così dire “etnico”. Per il bene comune.