Catania, l’avvocato si aggiudica all’asta giudiziaria lo stabilimento dei clienti
I titolari denunciano, il pm chiede l’archiviazione ma il gip dispone l’imputazione coatta: «È turbativa»
Di Laura Distefano |
La storia è di quelle paradossali. Che potrebbero benissimo diventare una puntata della serie televisiva “Law & Order”. Un avvocato è accusato di turbata libertà degli incanti e dovrà affrontare a settembre l’udienza preliminare davanti al gup. Il procedimento nasce da un’imputazione coatta decisa dal giudice per le indagini preliminari di Catania Pietro Currò che ha però accolto la richiesta di archiviazione del pm per il patrocinio infedele.
La storia
Fin qui il racconto pare rientrare nella normale cronaca giudiziaria. Ma dietro questa vicenda da carte bollate c’è la “morte” di un’azienda siciliana, il pastificio “Raviol D’Oro” di Belpasso. Lo stabilimento della frazione di Piano Tavola è finito all’asta per una serie di debiti, mutuo non pagato e vorticosi innalzamenti dei costi dell’energia hanno di fatto costruito una lapide. «Le banche non hanno cuore», commenta il titolare Giuseppe Chillemi. L’imprenditore e i suoi familiari stavano affogando ma a un certo punto il legale che da cinque anni si occupava delle varie pratiche arriva con una bombola d’ossigeno. L’avvocato prende tutti gli incartamenti, legge e rilegge. «Ci ha fatto sperare. Ma in realtà ci siamo fidati della persona sbagliata», dice ancora Chillemi. Il tempo scorre inesorabile e arriva la data dell’asta. E chi se lo aggiudica lo stabilimento? L’avvocato “salvatore” e la madre (Paga 270mila euro a fronte di una stima di oltre 600mila). Nel periodo precedente pare che il legale si sia messo di traverso con altri possibili acquirenti. Nell’ordinanza di imputazione coatta si legge che – da quanto emerge della dichiarazioni rese dalla polizia giudiziaria e dal professionista delegato per l’incanto – «il giorno per la visita dell’immobile, il potenziale compratore sarebbe stato avvicinato dall’indagato (che si è presentato come il legale dei proprietari dell’immobile all’asta) che gli avrebbe detto che la sua presenza sarebbe stata inopportuna in quanto se avesse acquistato avrebbe “rovinato l’esistenza della famiglia” e lo avrebbe quindi indotto ad allontanarsi». Per il gip questa «condotta» integra gli estremi del «reato di turbativa».
Avvocato imputato
L’aggiudicazione dello stabilimento doveva essere però il piano di salvataggio del pastificio. «Ci dice che se lo prendeva lui e ci avrebbe fatto rimanere lì, installando anche un impianto fotovoltaico per abbattere i costi. Così però non è stato. L’avvocato – racconta Chillemi – ha cominciato a chiederci i soldi dell’affitto senza avere mai installato i pannelli. A settembre 2022 arriva un provvedimento del Tribunale che ci ordina di sgomberare l’immobile. Eravamo increduli. Ci siamo opposti ma non siamo riusciti a fermare l’ordine di sfratto. Il 30 marzo 2023 ci ha buttato fuori in piena produzione. Non siamo riusciti nemmeno a prenderci i macchinari».Chillemi decide quindi di andare dalla Guardia di Finanza e racconta tutto. Da lì nasce un’indagine che ha portato a una richiesta di archiviazione da parte della procura di Catania. «Abbiamo presentato un opposizione e il gip ci ha dato ragione a metà», racconta ancora l’imprenditore. Che non si arrende e vuole far risorgere il pastificio. «Io ci credo ancora», sospira.