Dai primi anni 2000 a oggi un grande pezzo della spiaggia del Golfo di Catania si è ritirata di circa 200 metri. E il motivo è presto detto: la portata del fiume Simeto si è progressivamente ridotta. Senza acqua, la costa non viene più rifornita di nuovi materiali. E il mare erode la costa. I dati vengono da uno studio effettuato da Lipu, la Lega italiana protezione uccelli, che da anni per le proprie attività di salvaguardia della fauna e dell’habitat monitora l’area dell’Oasi del Simeto. Le immagini satellitari prodotte mostrano del resto una netta differenza tra quella che un tempo era la costa e l’attuale.
In molti tratti le case, spesso costruite nei decenni scorsi senza titoli edilizi ma a centinaia di metri dal mare, oggi vengono lambite dalle onde. Ma secondo il delegato Lipu Catania Giuseppe Rannisi il maggior segnale di quanto sta accadendo è un piccolo isolotto a poche centinaia di metri da quella che, nei mesi invernali, è la foce del maggior fiume siciliano. «Quello non è un isolotto, ma un pezzo del vecchio argine del Simeto», spiega il naturalista. Nel documento prodotto da Lipu queste trasformazioni in pochi anni hanno una chiara spiegazione: arriva poca acqua. Questo è dovuto al fatto che «i principali affluenti del fiume Simeto sono stati sbarrati dalle dighe, su ben cinque fiumi: Ogliasto sul Gornalunga, Nicoletti sul Dittaino, Sciaguana sull’omonimo corso d’acqua affluente del Dittaino, Pozzillo sul Salso, Ancipa sul Di Sotto Troina». A queste occorre aggiungere «anche la Traversa di Ponte Barca proprio sul Simeto», area oggetto peraltro nelle scorse settimane d furti d’acqua, fenomeni ora monitorati dal Corpo Forestale siciliano. «Queste dighe – prosegue lo studio Lipu – bloccano il trasporto di sedimenti che nei millenni ha formato la piana alluvionale di Catania, che aveva fatto avanzare la linea di costa. A causa della mancanza di tale apporto di sedimenti da diversi decenni il mare sta erodendo la costa facendola arretrare. Infrastrutture ed edifici sono a rischio».
La mancanza d’acqua dal fiume, che a sua volta non porta sedimenti in riva, causa infine mutamenti importanti anche all’habitat. «La riduzione della profondità della costa comporta come conseguenza la riduzione delle dune, un ecosistema ormai residuo costituito da piante ed animali estremamente
specializzati», spiega Rannisi. Tra le ultime “vittime” di questo progressivo arretramento, c’è un uccello in particolare: il Fratino, che nidifica proprio sulle dune. «Questa specie sta scomparendo in tutt’Europa e da noi alla riduzione dell’ecosistema si aggiungono delle pratiche illegali e illogiche quali il motocross, i quad, la balneazione ovunque anche nella riserva naturale», spiega Rannisi.
Le foto del Fratino che cova in mezzo ai rifiuti, o delle uova vicine a contenitori in plastica, non devono però allarmare. A essere più pericolose sono pratiche teoricamente vicine all’ambiente, ma che in realtà sono dannose. «La pulizia meccanica e quella manuale, fatta da persone ed associazioni inconsapevoli del danno che si produce a questa specie». La pulizia, anche se fatta con le migliori intenzioni «può creare danni alla popolazione di fratino. Ancora qualcuna di queste associazioni continua imperterrita ad organizzare pulizie senza pensare che il danno alla specie/ecosistema è di gran lunga maggiore della presenza di qualche bottiglia o pezzo di plastica (che non crea alcun disturbo al Fratino), che possono venire tolti prima o dopo il periodo di nidificazione», conclude Rannisi.