Il suo è stato un racconto difficile, ma sostenuto da una grande dignità di donna e di madre, riuscita e nonostante alcuni momenti di comprensibile emozione, a rievocare quelle fasi drammatiche e dolorose, fisicamente e moralmente. Sollecitata dalle domande, ha raccontato quel che avvenne dal momento del suo arrivo in clinica, nella tarda mattinata dell’11 febbraio, quando dopo i primi controlli e il tracciato sullo stato di salute della piccola venne poi trasferita a tarda sera in sala parto. Emozionata, certo, la signora ha rivissuto le fasi del travaglio, dell’assistenza ricevuta «mai mancatami ha sottolineato, insieme alle rassicurazioni per tranquillizzarmi che mi venivano fornite anche nei momenti in cui capivo che qualcosa non stava andando per il meglio su mia figlia, che non sentivo piangere e sulla quale vedevo un susseguirsi di persone intorno che le si muovevano intorno».
Ha ricordato quelle fasi, anche concitate, che precedettero e poi portarono, non senza difficoltà, ha rimarcato, alla nascita della figlia. Un dolore, quasi tre anni dopo, per nulla scalfito dal tempo. Confortata in qualche modo dalla presenza in aula del marito Andrea Di Pietro, che aveva deposto prima di lei e dall’atteggiamento molto comprensivo anche del presidente della Corte, Giuseppina Montuori. La signora ha raccontato e spiegato, senza però mostrare livore.
Presente ad ascoltarla la sua ginecologa Maria Ausilia Palermo, tra i quattro imputati nel processo e seduta accanto ai suoi avvocati. Prima di lei era toccato al marito sedersi sulla sedia dei testimoni. L’uomo, rimasto in sala parto per tutto il tempo e che ha girato anche alcuni brevi video delle fasi del parto, fino alla nascita della figlia e a uno particolarmente doloroso in cui si vedono le manovre di aiuto respiratorio eseguite dai medici sulla neonata, ha raccontato quel che avvenne in quelle ore e anche dopo il trasferimento della figlia in ambulanza verso Ragusa.
«Volevo salire sul mezzo per starle vicino – ha raccontato – ma mi fu impedito e così segui in auto l’ambulanza fino all’arrivo in ospedale, dove poi appresi dopo avere chiesto svariate volte notizie di mia figlia, che non ce l’aveva fatta».
Prima di loro è stato ascoltato uno dei barellieri, addetto all’ambulanza, intervenuta quella notte e che trasportò la piccola da Catania e Ragusa. Agatino Giannino ha parlato per quasi due ore rispondendo alle domande postegli tra molti non ricordo, varie contestazioni, tra quanto dichiarato nei primi verbali resi ai pm nei giorni appena successivi al fatto e quanto detto ieri. Dall’arrivo in clinica, al trasferimento nella termoculla della piccola, fino alla partenza e all’arrivo a Ragusa.
Nel mezzo l’aggravarsi delle condizioni della neonata, «Divenuta cianotica – ha raccontato -con i due medici saliti a bordo, entrambi tra quelli che hanno partecipato al parto e imputati anch’essi, che immediatamente tentarono svariate manovre per cercare di rianimare la bimba. Una decina di minuti drammatici – ha aggiunto – fino al silenzio dopo avere detto che la piccola era morta».
Quattro gli imputati nel procedimento. La ginecologa Maria Ausilia Palermo, difesa dall’avvocato Paolo Spanti, il neonatologo Antonio Di Pasquale, rappresentato dal penalista Walter Rapisarda, l’anestesista Giovanni Gibiino, difeso dall’avocato Piero Granata, tutti indagati per omicidio colposo e l’ostetrica Valentina Spanò difesa dall’avvocato Carmelo Peluso e alla quale sono contestate le false attestazioni.
Prossima udienza il 18 dicembre, con altri tre testimoni dell’accusa chiamati a deporre e tra quanti quella notte ebbero un ruolo in quella sala parto.