Catania – Il primo applausometro premia Francesco Priolo. Seppur in un clima compassato e politicamente corretto (pure troppo), il direttore del Dipartimento di Fisica scalda più degli altri rivali l’auditorium dei Benedettini. E non soltanto per l’eloquio brillante e per l’ambizioso programma. Già, perché, qui fra gli umanisti (e non solo) lo scienziato gioca comunque in casa: il Dipartimento di Scienze umanistiche sarebbe orientato a sostenere Priolo, così come – sussurrano nel cortile dell’ex convento – Scienze della formazione, oltre che ovviamente Fisica, con un consenso trasversale (ma non monolitico) in altri ambienti, ben coltivato all’epoca della presidenza della Scuola Superiore.
Priolo corre da favorito, secondo quasi tutti i bookmakers accademici. Del resto, «studia da rettore già da qualche anno», sostiene chi ricorda la sua tentazione di correre già nel 2017. E poi, ricorda un suo sostenitore, «Francesco è stato delegato degli ultimi tre rettori: Recca, Pignataro e Basile. Quindi, o è un uomo buono per tutte le stagioni, oppure è davvero bravo, ma in molti propendono per la seconda ipotesi….», Insomma, è la fatwa più o meno disinteressata di un attento osservatore universitario, «quest’elezione può perderla solo lui, Priolo, se dovesse spingere troppo sul tasto del “sono io il migliore” o magari con un’eccessiva sovraesposizione». Eppure Priolo, soprattutto con alcune aperture sulla stabilizzazione dei precari, continua a estendere il suo consenso. E un certo elettorato di sinistra, compresi gli ambienti del Cuda (che non s’è espresso e incontrerà tutti gli aspiranti) comincia a considerare il fisico, «in assenza di nomi di vera rottura col passato», come «il candidato meno distante».
Il concorrente più competitivo, secondo i sondaggisti fai-da-te, è Roberto Purrello. In un’ottica di continuità-discontinuità col passato più o meno recente, il direttore di Scienze chimiche viene considerato il candidato più distante dall’ex rettore Giacomo Pignataro (che nominò Priolo alla Ssc), ma al contempo un’alternativa non sgradita a Medicina, da sempre ago della bilancia nel Siculorum Gymnasium, orfana del dimissionario Francesco Basile. Stavolta il voto dei camici bianchi non sarà compatto come due anni fa, ma c’è una certa propensione per Purrello, alimentata dalla presenza di due fratelli del candidato: Francesco (direttore di Dipartimento) e Michele (docente ordinario). Il chimico, oltre che a Scienze, pescherebbe bene anche a Ingegneria e in alcune enclave di Economia (gli anti-pignatariani) e di Giurisprudenza (pure fra gli ultras del rinvio delle elezioni). Anche una parte dei sindacati (Cisl e Uil), decisivi per il voto ponderato del personale tecnico-amministrativo, sembrano manifestare simpatie per Purrello. Che, comunque, proprio con Priolo ha un ottimo rapporto. Lo si percepisce dal bon ton fra i due nel confronto, lo sa bene chi ha vissuto il passaggio di consegne alla Scuola Superiore. E allora una suggestione, appena bisbigliata, è che fra i due rivali-amici ci sia un patto silenzioso: chi, dopo i primi spogli agostani, dovesse rimanere indietro, potrebbe fare un passo indietro per far vincere l’altro.
E poi gli outsider. I due più accreditati, per motivi diversi, sono Salvatore Barbagallo e Agatino Cariola.
Il primo, storico latteriano, già candidato rettore nel 2006, vanta una solida esperienza amministrativa (non solo accademica, visto il ruolo di dirigente generale alla Regione all’epoca di Raffaele Lombardo): ex preside di Agraria, è presidente del Nucleo di valutazione dell’Ateneo. Ma, nonostante l’ingente quantitativo di pelo sullo stomaco, l’ingegnere idraulico acese è anche uno dei meno compromessi nell’inchiesta sulla concorsopoli etnea. Un “usato sicuro”, insomma, che fa breccia, oltre che nella sua Agraria, anche a Scienze politiche e in alcuni settori di Economia e di Medicina. Sostengono che, se dovesse restare fuori dai giochi, Barbagallo potrebbe puntare su Purrello in caso di ballottaggio.
Il secondo è il nome last minute. E non è un caso. «Se è venuto fuori, significa che c’era un suo spazio», commentano a Benedettini. Perché il costituzionalista, forse l’unico candidato fuori da qualsivoglia inner circle del passato, potrebbe essere davvero il candidato della discontinuità. Pur essendo stimato da tutti i precedenti inquilini di Piazza Università, Cariola non ha mai rivestito ruoli dirigenziali. Ha fatto il docente, investendo molto sullo studio professionale. Il che, per lui, è un vantaggio (fra i cinque è il più conosciuto fuori dall’ateneo, apprezzato dai politici di centrodestra e adorato dal mondo cattolico), ma anche uno svantaggio, perché se qualcuno, anche a sinistra, lo voterebbe per il solo fatto di non avere avuto le mani in pasta, in molti gli addebitano troppa distanza dalla vita accademica, quasi fino a considerarlo «un alieno». Inoltre, per rappresentare il “rettore del cambiamento”, bisogna sapersi calare nella parte. E Cariola – aplomb britannico, garantista convinto – non è il tipo che si mette a buttare fango sui colleghi indagati: l’unica «rottura» che predica è quella del ruolo di un rettore che non sia «camera di compensazione» dei contenziosi su cattedre e posti. Con lui una parte di Giurisprudenza, con molti estimatori a Scienze Politiche e pure fra gli umanisti, con buoni amici a Medicina. Anche il sindacato Fgu-Gilda-Unams, dicono, lo apprezza.
E stavolta è una discesa in campo diversa – «molto più autorevole e concreta», la definiscono – quella di Vittorio Calabrese, candidato «sognatore» nel 2013, prima del ritiro per appoggiare Pippo Vecchio. Ieri s’aggiudica il premio della giuria per il discorso più frizzante, un giusto mix fra suggestioni e pragmatismo, eppure il direttore della Scuola di specializzazione in Patologia clinica e Biochimica clinica non sembra una macchina acchiappa-voti al di fuori della Torre Biologica, pur avendo “like” a Medicina, Chimica e Ingegneria. A poco meno di un mese dalle urne balneari, comunque, il quadro è ancora molto fluido. Un po’ per pudore post-scandalo, un po’ per tatticismo attendista, i grandi elettori sembrano voler dare l’impressione di restare alla finestra. Al di là delle singole simpatie personali, né Basile (Purrello?), né Pignataro (Priolo), né Recca (idem). sembrano voler essere della partita. I primi due sospesi dal ruolo per l’inchiesta “Università Bandita”, il terzo (soltanto indagato) ha fatto richiesta per andare in pensione. Eppure, sotto il sole dei vialetti del convento, c’è chi è convinto che nessuno di loro se ne starà in vacanza sotto l’ombrellone.
Twitter: @MarioBarresi