Catania, gli omicidi degli imprenditori Rovetta e Vecchio restano senza colpevoli: la procura chiede un’altra archiviazione

Di Redazione / 08 Ottobre 2024

La procura di Catania ha nuovamente chiesto al gip l’archiviazione dell’inchiesta sulla morte degli imprenditori Alessandro Rovetta, 37 anni, e Francesco Vecchio, 52, uccisi la sera del 31 ottobre 1990 nella sede della loro impresa, le “Acciaierie Megara”, nella zona industriale della città. Indagati nel procedimento sono il capomafia Aldo Ercolano, Orazio Privitera, Giovanni Rapisarda, Vincenzo Vinciullo, Carmelo Privitera e Francesco Rapisarda.

L’inchiesta, dopo un annullamento con rinvio di una precedente archiviazione da parte della Cassazione per la mancata notifica della richiesta alle parti civili, era tornata alla procura di Catania che aveva chiesto, e ottenuto, dal gip l’archiviazione delle posizioni dei boss Benedetto Santapaola, Natale Di Raimondo, Umberto Di Fazio e di Filippo Branciforte e Francesco Di Grazia. Il gip Marina Rizza, scrisse che «non sono emersi elementi indiziari a sostegno della loro compartecipazione» al duplice omicidio, ma dispose nuove indagini ritenendo che da dichiarazione di collaboratori di giustizia sarebbe «emerso il coinvolgimento nella vicenda di Aldo Ercolano e Orazio Privitera».

La procura dopo avere svolto gli accertamenti indicati ha ritenuto «il quadro probatorio non mutato», anzi, si legge nella richiesta «deve ribadirsi che si sono ulteriormente rafforzati, da ultimo dopo l’interrogatorio di Eugenio Sturiale, gli elementi che escludono la responsabilità» dei sei imputati e che «non consentono di esercitare l’azione penale» nei loro confronti. Mutuando la precedente richiesta la procura osserva che «non appare neppure concepibile esercitare l’azione penale, in relazione a un episodio delittuoso di eccezionale gravità come quello di cui si ragiona, sulla base della piattaforma indiziaria manchevole e incompleta sin qui succintamente riassunta».

Una scelta, sottolinea la procura, che «non potrebbe portare al rinvio a giudizio dei prevenuti», anzi, si spiega, «ancora peggio, nella ipotesi (improbabile) di evoluzione dibattimentale del procedimento, il labile quadro probatorio condurrebbe certamente a una assoluzione nel merito degli indagati, conferendo a soggetti nei confronti dei quali sussistono comunque elementi di sospetto una inopportuna patente di innocenza».

Nell’inchiesta sono parte offesa i fratelli Pierpaolo e Salvatore Vecchio, assistiti dagli avvocati Enzo Mellia e Giuseppe Lo Faro che stanno valutando se presentare opposizione alla richiesta di archiviazione.

Pubblicato da:
Fabio Russello