CATANIA – È l’eroe del giorno, mons. Barbaro Scionti, forse al di là delle sue intenzioni. Forse lui, il parroco della Cattedrale, ha voluto essere solo fedele a sé stesso e al suo modo di vedere la fede. E la festa di Sant’Agata. Mons. Scionti, 51 anni, ordinato sacerdote nel 1990, rettore della Cattedrale dalla metà del Duemila, fortemente voluto dall’allora neo-arcivescovo Gristina, ha avuto da sempre uno specifico compito e impegno: riorganizzare la Cattedrale come parrocchia e come punto di riferimento della Diocesi, e riformare la festa di Sant’Agata, una celebrazione della quale, nei decenni precedenti, la Chiesa aveva ceduto, pezzetto su pezzetto, buona parte del suo “primato”.
Il primo passo del neo-parroco, delegato arcivescovile alla festa, è infatti, all’indomani del processo per la morte del devoto sulla Salita di Sangiuliano e della condanna del capovara Alfio Rao, quello di fare un regolamento, il primo, quando ancora non c’era il Comitato per le celebrazioni, sulle procedure di nomina del Maestro del fercolo e dei suoi collaboratori e sulle loro specifiche responsabilità. È forse il frutto più visibile dell’impegno di questo prete all’antica, che indossa sempre la veste lunga e incarna la figura del buon canonico di campagna: in realtà è una rivoluzione profonda nel modo di approcciarsi alla festa, quella alla quale Scionti dà vita.
Dalla sostanza alla forma con una rivisitazione critica anche dei vari momenti delle lunghe celebrazioni. Sul fercolo ora si alterano i vari sacerdoti e fra la gente ci sono anche gli “Amici del Rosario”, per non scordare mai che è una processione. Ma è la Messa dell’Aurora, l’appuntamento che apre il 4 la festa, a subire il remake più profondo. Niente più corse in chiesa per accaparrarsi i posti migliori, niente manovre acrobatiche per vedere dall’alto, niente più ressa intorno all’ingresso della cappella e nei pressi del sacello attorno al busto reliquiario. Un risultato ormai acclarato da alcuni anni, che è stato anche frutto di un incontro-scontro a muso duro contro i soliti facinorosi – fatto anche di parole taglienti -non molto diverso da quello che si è consumato ieri mattina in piazza Duomo.