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Catania, c’era una volta la Pescheria: lo storico mercato “sacrificato” sull’altare della movida

Ormai è solo un luogo per turisti, i catanesi non ci vanno più: la spesa si fa in mercatini come quello di piazza Verga

Di Leandro Perrotta |

La Pescheria, la domenica alle 8.30 del mattino è un luogo che un catanese fa ancora fatica a decifrare. Da anni le botteghe hanno lasciato posto a ristoranti e pub, e invece delle cassette pronte all’uso per il giorno dopo si trovano sedie e tavoli riposti, riparati dagli ombrellini che da qualche anno fanno da tettoia alle viuzze. A passeggiare, tra le saracinesche abbassate, sono soprattutto turisti. E qualcuno si ferma a prendere una spremuta da una delle poche bancarelle attive. È quella di Cosimo, 74enne. «Sono in pensione, ma vengo qui per arrotondare, magari incasso una cinquantina di euro e poi vado», ci racconta all’incrocio tra via Pardo e piazza Alonzo di Benedetto. «Sono anni che va così, quella che chiamano “movida” ha preso il posto del mercato più grande e fornito di Sicilia. Sì, la domenica è chiuso – racconta – ma il panorama di tutti i giorni non è molto diverso. Dove c’era una macelleria, un pescivendolo, un fruttivendolo, ora c’è un locale. E noi siamo rimasti qui per farci fare le foto dai turisti», dice mentre sorride alla fotocamera.

Poche centinaia di metri più avanti, in piazza Currò, c’è solo qualche dipendente del grande ostello che sistema i tavolini. Non ci sono rifiuti in giro, come in pescheria dove «non c’è più manco l’odore del pesce», come ricordava poco prima il signor Cosimo. A ricordarci dei tempi che furono, non solo nel bene, fin troppe auto e moto posteggiate sotto ai cartelli di divieto.

Scenari

Al Castello Ursino la situazione non è molto diversa: la piazza sembra solo in attesa di rianimarsi la sera, con qualche decina di turisti al chiosco. «Beautiful Catania, I’m from Berlin», è una delle poche frasi intellegibili scambiate con un turista tedesco 70enne, fermo al tavolino mentre beve un seltz. La “piazzetta dei libri”, i tavolini dei ristoranti e il resto della piazza sono avvolti nel silenzio, squarciato ogni tanto dal sibilo di un monopattino o dal rumore delle ruote di un trolley. Di catanesi in giro ce ne sono pochi, come il signor Ignazio, che abita a San Cristoforo e all’ombra di un albero descrive la sua domenica: «Scinnu e mi pigghiu u friscu».

Lo scenario cambia poco tra piazza Mazzini e il Duomo: via Garibaldi è popolata da stranieri, molti con trolley e cellulare in mano in attesa di un mezzo che li porterà in stazione o in aeroporto o magari sull’Etna. Caty e Joshua, americani, sono proprio diretti sul vulcano. «L’Etna è molto famoso anche in America, era da tempo che programmavamo questa escursione», raccontano. Alloggiano in centro, ma sono stati finora ad Ortigia e a Taormina.

Un modo di vivere la vacanza che sembra simile a quello di centinaia di altri turisti, nel frattempo riversatisi in piazza Duomo, dove puntualmente le persone passano, fanno uno scatto all’elefante o un selfie con lo sfondo della Cattedrale di Sant’Agata e proseguono. Anche i tavolini dei bar non sono ancora pieni. «Devo dire che quest’anno l’impressione è stata di meno afflusso rispetto allo scorso anno – riferisce la cassiera di uno dei bar sulla piazza – e una buona metà dei clienti sono stranieri».

Per trovare un catanese basta però un segno inconfondibile: una copia de “La Sicilia”. «Per me è una tradizione, vengo qui quasi ogni domenica, sto in provincia. Mi siedo qui e leggo», racconta Giuseppe, 86 anni, che acconsente a farsi immortalare con la copia in mano, «ma solo di spalle per cortesia». Anche per lui la città in questi anni è cambiata, e il riferimento è ancora una volta la Pescheria. «Una volta andavamo tutti lì a fare la spesa, ora mi sembra solo per turisti. Ora vado spesso in piazza Verga».

E lì, al mercatino organizzato da Coldiretti, i catanesi sono a centinaia. «Vendo qui i miei prodotti da più di dieci anni, la clientela è fidelizzata. E quindi non possiamo deluderli», spiega Nunzio Cartillone, che viene da Bronte e produce pistacchio. «Quello Dop qui riesco a venderlo a meno che a Bronte stesso. Il sistema della vendita diretta funziona, per noi e per i clienti», racconta. «Alla Pescheria forse le persone hanno perso questo rapporto di fiducia», ci racconta invece Andreas Scuderi, che ha una azienda agricola a San Giuseppe La Rena. Oggi in bella mostra ha melanzane e verdure. E tra i clienti spunta anche un cittadino piuttosto noto, il sindaco Enrico Trantino. «Sì vengo qui spesso, pur non abitando in zona», ci dice. «Però vado anche negli altri, non vorrei sembrasse che abbia una particolare preferenza», ironizza il primo cittadino.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA