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Catania, bollette da 10mila euro al mese e prezzo del grano alle stelle: chiude storico panificio

Da 50 anni attivo in via Plebiscito. Il titolare: «Aumentare il costo del pane a 4 euro al kg non avrebbe cambiato nulla»

Di Simona Mazzone |

La storia di Giuseppe Micale è simile a quella di tanti, troppi altri titolari di attività, ma raccontarla è doveroso perché ogni vicenda è unica, personale e caratterizzata da diverse sfaccettature.  Giuseppe Micale non è solo un numero da inserire in una percentuale di quei titolari che, stremati dal “caro bollette”, hanno deciso di chiudere una attività, è una persona, un uomo, un padre che ha appena preso una decisione tanto amara quanto inevitabile. Il suo panificio si trova al civico 190 di via Plebiscito, quartiere popoloso e dove ancora tante attività, rispetto ad altri quartieri della città, stanno resistendo.  Ma non la sua, visto che i costi sono troppo alti: negli ultimi due – tre mesi l’esercente ha ricevuto bollette per oltre 10 mila euro, costi insostenibili per chi vende pane e biscotti. Ma non solo, perché a dare il colpo di grazia è stato anche l’aumento delle materie prime: olio, zucchero, sale, margarina, lieviti ed amidi. E la farina, esempio emblematico dei prezzi che sono schizzati alle stelle: «Da 37 centesimi al kg, oggi il costo è salito fino a 80/84 centesimi al kg – racconta -. Oltre il doppio. Quando ho chiesto spiegazioni al mulino da cui mi fornisco da sempre che ha sede a Siracusa, mi è stato risposto che anche lì si sta attraversando un momento difficile, la bolletta media per loro era di 40mila euro, oggi pagano circa 180mila euro, quanto potranno tirare avanti?».

Il panificatore, al contrario di altri suoi colleghi, non se l’è sentita di triplicare i prezzi, per questo preferisce abbassare la saracinesca: «A quanto deve essere venduto il pane per guadagnarci? E comunque anche se lo vendiamo a 4/euro al chilo non risolviamo. Inoltre la clientela nell’ultimo periodo era diminuita perché si preferisce comprare meno pane o acquistarlo al supermercato che riesce a mantenere un prezzo più basso».

La Spiga D’oro è una piccola bottega che da oltre 50 anni è un simbolo per i residenti della zona che l’hanno sempre vista come punto di riferimento per l’acquisto del pane fresco. Tredici anni fa, Giuseppe Micale che oggi di anni ne ha 38 e due bambini da mantenere, l’ha rilevata con non pochi sacrifici, continuando a portare avanti l’attività e impiegando la moglie, come commessa, e un panettiere. E al danno economico si aggiunge la beffa perché lui, quella bottega, con tanti sacrifici, l’ha voluta comprare: «Mi tocca pagare il mutuo, tenendo l’attività chiusa. Adesso cerco lavoro. Capisco che molti si trovano nella mia situazione e sarà difficile trovare un’occupazione, ma se il mio panificio resta aperto finirà che dovrò metterci soldi di tasca mia e sarò costretto a contrarre debiti per mantenermi. Sono deluso perché lo Stato non ha fatto nulla per aiutarci, provo amarezza e sconforto perché io ho fatto un investimento, ho comprato la bottega e oggi, dopo aver avviato un’attività, devo partire da zero». Ancora nella zona alcuni commercianti resistono perché in quelle attività c’è la loro vita, il sudore di una generazione che lì ha investito tempo e denaro e che senza il lavoro in quelle botteghe non avrà più nulla in mano. Qualcuno si è persino attrezzato col gruppo elettrogeno davanti il negozio per tirare a campare il più possibile. Ma di “Giuseppe” ce ne sono tanti, troppi, purtroppo, e ogni giorno aumentano sempre di più. La domanda che occorre porsi è: adesso cosa farà tutta questa gente che deve di certo sopravvivere e il pane a casa deve portarlo?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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