Catania
Catania, appalto dei rifiuti truccato in cambio di vacanze e affitto di case
L’inchiesta riguarda le presunte irregolarità nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica indetta dal Comune di Catania ed avente ad oggetto, “l’affidamento – per l’anno 2017 – del servizio di spazzamento, raccolta e trasporto allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati e altri servizi di igiene pubblica”.
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Secondo gli investigatori infatti, è emerso come, a scadenza del precedente servizio, più volte prorogato per un totale di cinque anni e svolto dal raggruppamento temporaneo di imprese Ipi e Oikos (che presentavano ricorso al TAR per l’annullamento degli atti deliberativi, giudicandoli economicamente non convenienti) il Comune aveva indetto una gara ad evidenza pubblica per lo stesso servizio esteso, per un periodo di 84 mesi, all’intero territorio comunale con un impegno di spesa di 351 milioni di euro (pari a circa 50 milioni l’anno). Gara che però è andata deserta. Il Comune a quel punto, anche in seguito al pronunciamento del Tar, aveva avviato l’iter per una gara “ponte”, avente ad oggetto, cioè, l’affidamento temporaneo (106 giorni) del servizio di raccolta, spazzamento, trasporto e smaltimento dei rifiuti esteso a circa il 75% del territorio comunale. Questa gara si è conclusa con l’affidamento del servizio all’unico offerente, il Rti Senesi ed Eco.Car.
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Proprio le verifiche sui documenti di questa gara hanno fatto emergere, secondo gli investigatori, le irregolarità sull’aggiudicazione. Infatti, secondo la Dia e la Procura, il raggruppamento temporaneo di imprese avrebbe dovuto essere escluso per mancanza di un requisito previsto nel bando e perché la Eco.Car era riconducibile a un soggetto già destinatario dell’interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Roma.
Tutte circostanze, come hanno dimostrato le indagini e le intercettazioni di cui gli indagati erano senz’altro a conoscenza ma che, nonostante tutto, avevano operato consapevolmente con l’intento di indirizzare la procedura di gara verso l’aggiudicazione alla Senesi – Eco.Car in sostanziale continuità con la Ipi. (che aveva gestito lo stesso servizio insieme alla Oikos essendo tutte e due sostanzialmente riferibili ad Antonio Deodati (cugino di Francesco Deodati, formalmente amministratore unico della società, ma di fatto prestanome di Antonio Deodati, che ha interloquito e ha assunto tutte le decisioni per conto e nell’interesse della società nelle fasi antecedenti, concomitanti e successive allo svolgimento dell’appalto). Gli investigatori segnalano anche il ruolo rilevante svolto nella vicenda dai due funzionari comunali indagati, l’ing. Leonardo Musumeci, RUP del procedimento e a capo della Direzione Ecologia e Ambiente del Comune di Catania, e Orazio Stefano Fazio, assunto per chiamata diretta in quanto invalido civile come impiegato inquadrato nella categoria B2 e ben presto giunto in posizioni apicali all’interno del comune di Catania, responsabile dei Servizi Esternalizzati della Direzione Ecologia e Ambiente e direttore dell’esecuzione del contratto per il servizio di spazzamento, raccolta e trasporto allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di altri servizi di igiene del comune di Catania.
Dalle conversazioni intercettate tra i due risulta evidente la loro consapevolezza sia della continuità tra la Ipi e la nuova Eco.Car sia della mancanza di alcuni dei requisiti previsti dal bando. I due funzionari anziché bloccare tutto hanno invece aggiudicato la gara. Fazio ha addirittura avuto una condotta attiva nel cercare di condizionare i vari attori intervenuti nella procedura antecedente e successiva all’aggiudicazione del servizio, prima per impedire che venissero rilevate, ad esempio, le inadempienze e i disservizi di Ipi e Oikos evitando così l’applicazione di penali, facendo valere il suo peso all’interno della struttura comunale e quindi assumendo in prima persona la gestione e il controllo degli stessi sorveglianti che avevano il compito di segnalare eventuali disservizi. A fronte di questo suo impegno, Fazio arebbe stato remunerato con utilità di vario genere, come emerso dalle intercettazioni (dall’acquisto di smartphone e computer al pagamento di vacanze da parte di Antonio Deodati e Antonio Di Natoli), giungendo a chiedere perfino l’assunzione di dipendenti al Consorzio Seneco.
Secondo il gip che ha accolto la ricostruzione dei fatti della Procura anche Massimo Rosso, direttore della Direzione Ragioneria Generale Provveditorato ed Economato del Comune di Catania, era “nel novero dei soggetti stabilmente a disposizione del Deodati”. Massimo Rosso infatti si sarebbe attivato per consentire pagamenti a favore del Consorzio Seneco con tempistiche e modalità del tutto vantaggiose per la parte privata, accentrando su di sé ogni responsabilità in merito ai pagamenti da effettuare in relazione alle prestazioni oggetto del contratto e fornendo inoltre la propria opera di consulenza in materia contabile e commerciale, non solo in relazione al contratto citato, ma anche in relazione agli affari complessivi del gruppo Deodati, in evidente conflitto di interessi con la propria posizione di funzionario apicale del Comune di Catania. E Deodati avrebbe ripagato questo impegno pagando l’affitto delle abitazioni occupate dalle figlie di Rosso a Roma, dove frequentano l’università nonché nell’assunzione dei fidanzati delle figlie a tempo indeterminato in società riconducibili al Deodati.
Antonio Natoli, dirigente della Ipi e del Consorzio Seneco ha avuto un ruolo di collaboratore e longa manus di Antonio Deodati a Catania, sia nelle attività lecite che illecite, tanto da provvedere a finanziare gli acquisti di beni, viaggi e altre utilità da offrire a Orazio Stefano Fazio e a Massimo Rosso, in cambio del loro interessamento in favore delle società del Deodati.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA