Catania, altra tegola per l’Università c’è il taglio del 50% alle assunzioni

Di Gianluca Reale / 05 Ottobre 2019

Arrivano i “paletti” del Miur sulle assunzioni permesse all’università per il 2019: per quest’anno turn over limitato al 50% (in termini di punti organico). L’Università di Catania può assumere personale a tempo indeterminato e ricercatori a tempo determinato nel limite massimo della metà (30,53 punti organico) dei pensionamenti (61,05 punti organico). Motivo? Nel 2018, la spesa per il personale (149,8 ml) ha sforato la soglia dell’80% (80,02%) delle entrate (fondo di finanziamento ordinario, programmazione triennale e tasse universitarie per complessivi 183,9 ml), indicatore che il Miur ha calibrato per tenere sotto controllo la spesa: superato l’80% non scatta il cosiddetto “delta”, quella quota in più assegnata proporzionalmente agli atenei virtuosi nella redistribuzione dei punti organico in tutta Italia. Tanto più si è sotto la soglia, tanti più punti organico si ottengono.

Insomma, lo sforamento è un “warning” del ministero che impone agli atenei di migliorare le proprie prestazioni. In tutta Italia, oltre Catania, solo l’Università di Cassino è andato oltre l’80%. La media nazionale del rapporto fra spesa del personale ed entrate è invece del 66,67%, con gli atenei del Nord, manco a dirlo, più virtuosi di quelli del Sud.

Lo ha reso noto il Miur in questi giorni, diffondendo il decreto 740 dell’8 agosto con la tabella di ripartizione dei punti organico per il 2019. Decreto firmato dall’allora ministro Bussetti in piena crisi di governo, ma che – dicono dall’ateneo di Catania – è stato diffuso solo adesso e del quale non si aveva contezza durante la campagna elettorale per designare il rettore. Non che ci si aspettasse una grande performance, per la verità, perché si sapeva già che l’indicatore si aggirava sul 79%. Con cui, però, si sarebbe ottenuto quel delta che, seppur piccolo, avrebbe concesso qualche ambito di manovra in più nel rimpiazzare i colleghi che hanno cessato il rapporto di lavoro.

«Inutile negare che il delta ci avrebbe fatto comodo», confessa il nuovo “magnifico” Francesco Priolo. Che prende atto del decreto, ma tiene a precisare alcune cose: «Sono circolate tante voci, ma vorrei chiarire che non c’è alcun pericolo sui conti dell’Ateneo. Inoltre vorrei ribadire che l’impegno prioritario per la stabilizzazione dei precari rimane tale: è una strada su cui andremo avanti».

Poi il rettore prova a spiegare come è maturata questa situazione, che di certo eredita, confidando comunque «che lavoreremo per migliorare strutturalmente la nostra spesa e avere più margine per le politiche di ateneo». La causa dello sforamento, «di circa 40mila euro», per il rettore è da individuare in un fatto specifico, «lo spostamento dell’incasso delle tasse universitarie da dicembre a gennaio: questo ha fatto segnare un “buco” provvisorio di circa 6 milioni di euro, che già da quest’anno, a regime, non ci sarà più». Dunque la spesa per il personale non sarebbe cresciuta più di tanto, mentre il differimento dell’incasso delle tasse avrebbe determinato lo sforamento. C’è da dire, anche, che sul fronte delle entrate «le tasse studentesche di sono ridotte notevolmente in questi anni per il calo di iscrizioni», aggiunge il rettore, «e che da noi, e in genere al Sud rispetto agli atenei del Nord, c’è una larga fascia di aventi diritto all’esenzione. C’è, però, anche una forte evasione fiscale che vogliamo combattere».

L’obiettivo nel medio-lungo periodo non può che essere l’innalzamento dello scarto tra entrate e spese del personale, quei circa 33 ml che l’anno scorso sono serviti a finanziare le «politiche di ateneo». Non che gli introiti dell’Università di Catania siano tutte qui: ai 183,9 ml di entrate prese in considerazione dal Miur ne vanno aggiunti altri 74 circa, visto che nel 2018 i ricavi totali hanno toccato «quota 259 ml», ci fa sapere il rettore. La quota di entrate ulteriori al fondo di finanziamento e alle tasse, però, è in genere vincolata a progetti specifici (per esempio progetti di ricerca, bandi vinti, ecc.), quindi con una destinazione già prefissata. Praticamente nullo il margine di manovra. La vera sfida si gioca sulla spesa strutturale e sul rendere qualificata quella del personale, in ossequio alle parole d’ordine della campagna elettorale di questa estate: merito e trasparenza.

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Redazione
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