CATANIA – Una coppia di artigiani catanesi, con due figli a carico, è riuscita a ottenere un piccolo prestito tramite il microcredito della Caritas Diocesana di Catania per risolvere alcuni pendenze economiche sull’abitazione e poter così concentrare le proprie energie finanziarie e mentali sui prossimi mesi di attività del negozio di bigiotteria che gestisce nel centro storico. «Siamo riusciti a resistere per un anno quasi senza lavorare – spiega la coppia – la fede e l’amore ci hanno consentito di non perderci d’animo». «Segnali di luce – osserva Salvo Pappalardo, ex bancario da diversi anni responsabile delle attività dell’organismo diocesano – in un periodo complicato per tante famiglie che, inguaiate dal sovraindebitamento e da altre gravi forme pregiudizievoli sono negativamente condizionate nell’accesso al credito bancario. Il microcredito, soprattutto in questa fase storica, è un modo per dire alle famiglie che noi ci siamo, che la Chiesa c’è, che comprendiamo le difficoltà del momento e che non le lasceremo mai da sole».
Per questa famiglia che ce l’ha fatta, ce ne sono tante altre che sono rimaste fuori dal circuito del microcredito. Durante gli ultimi undici anni, il microcredito della Caritas Diocesana di Catania ha permesso, tramite gli istituti di credito convenzionati, l’erogazione di oltre 800mila euro fino alla pesante battuta d’arresto degli ultimi due anni che conferma una tendenza di lungo periodo già in atto anche prima della pandemia. Nel 2020 e nel 2021, a causa dell’aggravarsi della crisi economica e del conseguente e diffuso indebitamento per molte famiglie, ormai mediamente soltanto «un ascolto su dieci – aggiunge Pappalardo – riesce poi effettivamente a concludersi con l’erogazione». «Per operare in questo settore bisogna correre anche il rischio di ritrovarsi con qualche pratica in più in sofferenza perché – sottolinea – dobbiamo avere la consapevolezza – ha concluso Pappalardo – della difficoltà di agire e della complessità dei problemi che queste persone ci pongono; l’altra strada è quella di abbandonarli e quindi lasciarli in mano all’usura e alla malavita».