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Caffè concerto in declino a Catania, «Non basta la musica: serve altro»

Di Pierangela Cannone |

CATANIA – Si torna a parlare del “nodo” dei Caffè concerto e a volere accendere nuovamente i riflettori è il signor Massimo Gilletti, imprenditore di lungo corso che, dal 2001, in via Teatro Massimo ha visto nascere e morire la propria attività ristorativa, per poi adeguarsi alla richiesta del mercato, somministrando cocktail.

«La realtà del centro storico – esordisce Gilletti – ha dei punti d’ombra che vorrei portare alla luce. Da diciotto anni gestisco un’attività in via Teatro Massimo, che ora sembra essere terra di nessuno. Il tratto di via Landolina che immette in piazza Teatro è stato chiuso al traffico, non capisco perché non sia stato fatto altrettanto con via Teatro Massimo. Sono mancate le opportunità di dialogo diretto con le amministrazioni che si sono susseguite e con chi ci presiede. Io, così come altri miei colleghi, non siamo mai stati contattati da alcuno per discutere su proposte o affini che permettessero la rinascita della zona».

Cosa avrebbe detto, se fosse stato consultato?

«Occorre puntare alle attrattive, che non si traducono solo nella possibilità di fare musica. Mi viene in mente una bella iniziativa realizzata dal Teatro Bellini che, qualche anno fa, aprì le porte alla città, così che tutti potessero visitarlo e frequentare il centro in orari adeguati per fare gli interessi dei ristoratori e dei residenti. È stato altrettanto prezioso il contributo del Cous-Cous Fest, che in questa piazza e in queste vie ha riportato famiglie, bambini e turisti. Perché non ripetere le esperienze o, comunque, omologare il centro a queste iniziative?».

Il suo racconto cose vuole essere?

«La cronistoria di quanto vissuto in silenzio in questi anni da noi commercianti, che non siamo stati né interpellati dalle istituzioni né adeguatamente rappresentati. Quando ho aperto l’attività nel 2001, la via Teatro Massimo era frequentata anche dalle famiglie, che passeggiavano in serenità. Col trascorrere degli anni, si è abbassato il target dell’offerta e l’utenza è del tutto cambiata, tant’è che sono stato costretto a licenziare sette dipendenti e a chiudere l’attività, rivedendola per quello che ho capito potesse andare bene qui, cioè un pub. A volte, per competere con la piazza, sono stato costretto anche a vendere la birra a un euro…. Poi ho riformulato la mia offerta, adeguandola alla qualità. Ora accadono cose assurde: alcuni locali posizionano i televisori all’ingresso per ovviare alla mancanza dei complessini e fornire musica, quando comunque non è possibile farlo. La zona va riqualificata e ripristinato il decoro, perché qui le famiglie non vengono più e i turisti che alloggiano nei B&B limitrofi, è come se scappassero».

Ci sarà un motivo…. «In passato, piazza Teatro Massimo ha vissuto un momento difficile dal punto di vista della sicurezza, ma lo scorso anno, grazie all’intensificazione della vigilanza, questo problema è stato superato, però, purtroppo è rimasta la nomea di un luogo poco sicuro. Le attività del vicolo Santa Filomena e di via Gemmellaro hanno trovato la chiave giusta per riqualificare il loro ambiente. In piazza Teatro Massimo, invece, molte attività si spostano verso i luoghi più frequentati e la zona è ormai quasi deserta. Si potrebbe puntare su vari format, dagli aperitivi a tema, alle sagre, ai festival: permetterebbero di anticipare l’affluenza della gente in piazza ad orari più adatti alle esigenze di tutti. A chi fa piacere lavorare fino alle cinque del mattino? Siamo costretti a farlo per coprire i costi di produzione».

Noto che per lei questo è un problema piuttosto importante.

«Sì, parecchio. Si tende a nascondere la polvere sotto il tappeto, ma devo dirla tutta: le attività chiudono perché mancano politiche organizzative. Paghiamo cifre importanti per l’uso del suolo pubblico e, di contro, non usufruiamo di alcun servizio».

Quale messaggio vorrebbe trasmettere ai lettori e alle istituzioni da questo suo sfogo?

«Non voglio attaccare alcuna azione politica, né la precedente né l’attuale, ma denuncio che in centro storico manca la serenità. Adesso, chi ha le competenze per farlo, agisca nell’interesse di tutti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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