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“Buco” al «Lucia Mangano», Zuccaro: «Messi a rischio 180 posti di lavoro»

Di Redazione |

CATANIA – «Il riferimento ai rapporti che Labisi ha con la massoneria, con eventuali persone appartenenti al ministero della Difesa, con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa vengono solo evidenziati in questa indagine per dire che Labisi è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e non fa mistero del fatto che, qualora lo ritenga utile, possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti». Lo ha affermato il Procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, durante la conferenza stampa sugli arresti della Dia di Catania per presunta distrazione di fondi di una casa di cura per anziani disabili. «Non ci risulta in questa indagine – ha aggiunto – che questi soggetti siano intervenuti a suo favore così come noi non gli imputiamo l’appartenenza a logge massoniche deviate e l’appartenere alla massoneria, come voi sapete, non costituisce reato».

«Dispiace veramente – ha proseguito Zuccaro – che si utilizzino nomi di magistrati a cui tutti siamo legati per il loro sacrificio della vita per poter intrattenere amicizie e potere vantare rapporti privilegiati». «Labisi nell’ambito delle nostre indagini – ha quindi affermato il procuratore di Catania – è una persona che e stata anche presidente del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Lucia Mangano, un istituto che svolge un’attività meritoria nella città perché assiste persone povere e bisognose di assistenza, di cure mediche, eccetera. E’ una persona che ha distratto il denaro che veniva erogato anche attraverso il pagamento di fatture per servizi rilasciati dall’Istituto Lucia Mangano da enti pubblici regionali, circa 6-8 milioni di euro l’anno, per scopi privati». «Lo stesso Labisi – ha osservato Zuccaro – è la persona che fa parte del comitato “Saetta-Livatino” e ha erogato premi a persone che vantano delle benemerenze nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Ma la cosa illecita da questo punto di vista è che abbia utilizza somme che erano state erogate per l’Istituto Lucia Mangano per potere svolgere quest’attività associativa intrattenendo rapporti con magistrati, forze dell’ordine di cui poteva vantare l’amicizia perché – ha chiosato il procuratore di Catania – ovviamente, si metteva in contatto con loro per poter erogare questi premi».

«Ancora una volta – ha poi rimarcato Zuccaro – i soggetti maggiormente offesi sono i soggetti bisognosi che all’Istituto Lucia Mangano ricorrevano perché avevano bisogno di assistenza e inoltre i 180 dipendenti di questo Istituto, i cui posti di lavoro sono messi a rischio dalla gestione scellerata che nel corso degli anni Labisi ha fatto: oltre 10 milioni di euro di debito contratto».

«Non risultano istituti di credito omissivi nei controlli – ha continuato il procuratore – perché l’Istituto era una sorta di bancomat della famiglia Labisi. Quindi il denaro che veniva distratto non é tracciabile. Si tratta di contanti che venivano distratti». E ancora: «Le indagini svolte ci hanno consentito in appena tre-quattro mesi di poter elaborare una richiesta di misura cautelare. Le indagini sono iniziate alla fine del 2017 e sono state condotte con la necessaria tempestività per interrompere, ovviamente, questi flussi di denaro che impoverivano le casse di un Istituto la cui sopravvivenza è messa a rischio: accertamenti che imponevano celerità ma non superficialità delle indagini. La squadra del dott. Panvino della Dia ci ha dato quello di cui l’autorità giudiziaria aveva bisogno».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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