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Blitz “Zeta”, l’Ecs Dogana e l’inganno del boss: storia di un accordo fallito in 25 giorni

Di Concetto Mannisi |

Catania – Rappresentava la famiglia facendo le veci del padre detenuto, ma non è che Rosario Zuccaro godesse di unanimi consensi all’interno del suo stesso gruppo. Anzi, durante le indagini della squadra mobile, poi sfociate nell’operazione “Zeta”, emergono a più riprese le frizioni sia col fratello Filippo – al secolo “Andrea Zeta”, uno dei cantanti neomelodici più in voga nell’ultimo anno – sia con Luigi Gambino, detto “Gino ‘u longu”, indicato dagli investigatori come uno dei promotori dell’organizzazione criminale facente capo, per l’appunto, a Maurizio Zuccaro, ma costretto a defilarsi allorquando lo stesso Rosario decide di puntare sul cugino Angelo Testa, che proprio il Gambino vede come il fumo negli occhi: «Io sono tuo papà! Lo vuoi capire o no? A dispetto di Angelo io non l’ho mai detto mettiamoci con Cappello. A me Maurizio mi ha tolto dalla merda…».

Per un attimo sembra che il credito di Gambino basti a superare il momento negativo, ma a un certo punto Rosario lo molla e lo comunica al padre ricevendo la sua approvazione. Un fatto, questo, che viene percepito dal Gambino e da un altro soggetto a lui vicino, Carmelo Giuffrida: i due decidono di spedire una cartolina in carcere al boss, firmandosi Luigina e Carmelina, sue presunte nipoti. «Non so cosa ti hanno detto, spero di potermi chiarire, noi siamo qui»: è questo il messaggio. Maurizio Zuccaro non sembra particolarmente entusiasta e all’esterno, sempre tramite Rosario, aveva già mandato un messaggio ai suoi: «Chi è pecora deva andarsene a lavorare». E Gambino stizzito aveva replicato: «Guarda che io pecora non sono. Le pecore le hai a casa. Uno è tuo cugino Angelo. E l’altro è Michele»

A tal proposito “Gino ‘u longu” racconta un episodio che riguarda proprio Michele: «Mi fa (Rosario, ndc): ci possiamo sedere da Michele? lo gli ho detto: “Non ci vengo!”. E lui: “Fallo per rispetto mio!”. L’ho fatto per rispetto tuo, sono salito a casa sua con te e mi ha dato la mano così, che mi ha spinto…. Dice non me ne sono accorto, ma lo so io cosa ho passato quel giorno. Perciò, una volta che io vengo a casa con te, lui mi deve salutare! Perché mi ci hai portato Per farmi umiliare? Che mi ha spinto la mano, che nemmeno ci siamo salutati! E’ una cosa bella per te? Vedi che io mi sono incontrato con uno, dopo venticinque anni. Con Pippo, che è morta sua madre: io l’ho baciato, gli ho fatto le condoglianze e mi ha portato dall’altra parte. Quello è malandrino, no questo qua!».

Gambino fa fuoco e fiamme quando vede come Rosario Zuccaro gestisce le vicende della Ecs Dogana, dove il figlio del boss sarebbe riuscito a entrare grazie alla relazione con Michela Gravagno. Il problema è che la Ecs Dogana è sotto la protezione di “Massimo ‘u carruzzeri” Salvo, uomo di punta del clan Cappello, con cui si organizza una riunione. I “cappelloti” sono più numerosi ma Rosario si porta dietro il suo stato maggiore, Gambino compreso. Il quale strabuzza gli occhi quando comprende che il figlio di Zuccaro si è recato all’appuntamento armato. Un gesto di scortesia nei confronti dell’interlocutore, che comunque non si rende conto di nulla. O, almeno, così da a vedere. Inoltre, altro appunto che viene fatto a Rosario, troppo spesso il giovane spende il nome del padre, lasciando in sospeso qualche questione secondaria, in attesa di sapere «quello che dice papà». «Non hai potere decisionale – è l’accusa – così non ci fai bella figura».

Salvo, per rispetto a Maurizio Zuccaro, decide di farsi da parte, ma a patto che i nuovi entrati si occupino della protezione del locale per intero. Uno stratagemma che porta a far fallire l’accordo fra gli Zuccaro e la Ecs Dogana nel giro di 25 giorni. Ciò perché alcuni “ragazzi di quartiere”, certamente vicini a Salvo, si recano nel locale a più riprese, creando disordini e forzando gli sbarramenti all’ingresso per entrare in discoteca senza pagare. Rosario Zuccaro fa buon viso a cattivo gioco e si defila sperando di poter rilanciare a seguito delle disavventure giudiziarie della controparte: «Non appena li arrestano c’è più calma».

L’affare in questione, però, porta Gambino e lo stesso reggente su posizioni sempre più distanti. E ciò perché Gambino ritiene che dopo avere affiancato il figlio del boss nella vicenda, assieme ad altri sodali, sarebbe stato giusto che parte dei proventi del nuovo affare venissero divisi con chi era presente quella sera: «Mi hai fatto stare fino alle dieci fuori…». E Rosario, di rimando: «Questa è una cosa mia e i soldi li devo dare a casa. Mi volete fare l’estorsione a me?». Una frase ritenuta offensiva e non da leader: «Con ma mangiano tutti – chiosa Gambino – e nei momenti di difficoltà mi levo soldi dalla tasca per darli a chi si deve pagare la casa o deve fare la spesa. Così non si fa».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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