Decapitato il gruppo del Villaggio Sant’Agata. Storica roccaforte della famiglia di Cosa Nostra catanese, in particolare degli Ercolano. Una squadra storica che vede nella stirpe dei Battaglia la sua “reggenza”. Non a caso, ieri, i carabinieri hanno fatto recapitare al boss Turi Battaglia, fratello del capomafia Santo, al carcere di Opera l’ordinanza firmata dal gip Carlo Cannella per mafia. Battaglia, chiamato robot o break dance, è condannato per l’omicidio di Antonio Sanfilippo avvenuto il 18 agosto del 1992 in via Giovanni da Verrazzano all’interno di un distributore di carburante.
La misura cautelare è scattata nell’ambito dell’operazione Leonidi che già a dicembre aveva assicurato alla giustizia nove indagati, tra cui anche Pietro Gagliano ‘u puffo’ che era bersaglio di un agguato. I carabinieri, a dicembre, riuscirono a bloccare il piano di un omicidio. I santapaoliani volevano vendicare gli spari ricevuti al passareddu, via Poulet, il 21 ottobre 2023. Gagliano, nipote del collaboratore (ed ex cappelloto) Michele Vinciguerra, ha avuto un battibecco con Benny Zucchero che ha chiesto al capo della Stazione Daniele Strano di dare una lezione per la mancanza di rispetto nei confronti del figlio di un uomo di clan. Strano, accompagnato da Seby Ercolano e Nino Castorina hanno cercato di rintracciare Gagliano che, prendendoli in contropiede, ha fatto fuoco. Si è scatenato l’inferno. Solo grazie a una serie di incontri risolutivi tra i vertici dei due clan si è arrivati alla pace. Che però è stata solo apparente a quanto pare. Strano, infatti, non ha digerito di essere stato bersaglio di pistolettate. I carabinieri hanno documentato dei veri e propri sopralluoghi sotto casa di Gagliano. E cosi la pm Lina Trovato, con il visto del procuratore aggiunto Francesco Puleio, ha disposto i decreti di fermo che sono poi stati convalidati dal gip.
La necessità di disporre le misure ha permesso la discovery di un buon pezzo d’inchiesta. E se Battaglia era il boss detenuto che riusciva a fornire direttive nonostante il carcere grazie a diversi canali di comunicazione, Davide Finocchiaro – arrestato a dicembre – era colui che aveva le redini a livello operativa. Che aveva tra i ruoli anche quello di spartire gli stipendi. Gli investigatori lo hanno ascoltato in diretta mentre faceva la contabilità. E in alcuni casi per far quadrare i conti erano necessario tagliare la coperta da una parte per allungarla dall’altra. In manette nei due filoni investigativi sono finiti anche generi e nipoti della stirpe Battaglia, per comprendere quanto il lignaggio abbia un peso nella scelta dei ruoli mafiosi.
Le indagini sono partite quando diventa collaboratore di giustizia Salvatore Scavone, l’ex reggente dei Nizza, braccio del narcotraffico della famiglia. I carabinieri hanno acceso i riflettori sul Villaggio Sant’Agata quando il gruppo si stava riorganizzando a seguito degli arresti nel 2022 di Carmelo Renna, con la retata del Ros Agorà, e di Ciccio Napoli, il boss dei boss, nell’inchiesta Sangue Blu. La scelta è quella di muoversi con cautela, con un istinto di autoconservazione. Ma se Finocchiaro segue la linea dei “grandi”, non fa lo stesso Seby Ercolano, figlio di Mario che è stato al centro del blitz di dicembre. Il padre avrebbe voluto il figlio fuori dagli affari di famiglia, il rampollo però ha pressato così tanto che pare averlo convinto, visto come si è mosso negli ultimi due anni.
Nell’inchiesta dei carabinieri è entrata anche la figura di Giuseppe Pistone, che da autista di Andrea Nizza è diventato il responsabile della frangia di narcotrafficanti di Librino. Un uomo molto vicino a Salvatore Sam Privitera, da poco diventato un collaboratore di giustizia e che potrebbe, infatti, aver già reso dichiarazioni contro l’ex collega di “clan”. Pistone, che da quello che emerso dalle indagini ha gestito traffici di cocaina su piazze volanti con ordinazioni via social, ha cercato ultimamente di fare un passaggio verso il gruppo della Stazione. Ma forse i blitz hanno bloccato il cambio di casacca.