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L'arte come salvezza

Antonio Presti: «Librino riceve bellezza e la restituisce»

La "Porta della bellezza" realizzata 15 anni fa è rimasta intatta, venerdì la festa d’inaugurazione della "Porta delle farfalle"

Di Francesca Aglieri Rinella |

Praticare bellezza per ridisegnare il futuro: eccola la ricetta di Antonio Presti il mecenate che 15 anni dopo la “Porta della bellezza” di Librino (di cui recentemente ha completato il restauro) è pronto per inaugurare la nuova “delle farfalle”, l’opera di bassorilievo monumentale realizzata in tre anni e che ha visto il coinvolgimento di quindicimila persone. L’arte come salvezza. Tutti insieme – e in questo sta il successo e la longevità di un bene che è diventato di comunità – mamme, bambini, condomini, associazioni del territorio, oltre a cinquemila studenti di 20 licei artistici siciliani.

Il quartiere periferico

Librino è un posto più unico che raro, a volte quasi magico. «C’è una solitudine oggi che avverti più che mai – sottolinea Presti – per l’assenza totale di quella società civile che non c’è più, della mancanza del bene comune. È in questa contemporaneità che alberga l’analfabetismo funzionale e anche quello emozionale. Ma Librino è la visione del futuro, riceve bellezza e restituisce bellezza».

Qual è il segreto per avere mantenuta intatta l’opera?«Nessuno. C’è una sola condizione che si chiama coerenza. E si chiama anche lavoro di una vita. Le opere che ho realizzato a Librino sono manufatti artistici, ma che hanno in comune un impegno e una testimonianza . E anche una faccia che io ho messo nel quartiere dove le prime istanze non sono certamente la bellezza, ma sono le strade, le fognature, i servizi sociali. Scegliere di assumere l’impegno della coerenza è l’unico modo di testimonianza e di esempio. Ognuno di noi può essere un modello di coerenza, dall’inizio alla fine. Purtroppo, oggi, la coerenza rispetto a un impegno non è compagna di vita, ma è a scadenza. Io ho 67 anni, non sono una verità, ma sono un impegno etico di una scelta mia personale di vita e a Librino, in 15 anni, ho superato tutte le prove del pericolo numero uno che è la disillusione. Tutta questa gente è stata sempre disillusa da frasi fatte e mai da fatti: sia dalla società civile che dalle istituzioni. E quindi a Librino si fa perchè c’è la coerenza. E c’è l’onestà. Io ho dimostrato che sotto quello che ho realizzato, non c’è alcunchè. Non ci sono secondi fini, ma solo la bellezza di tutti gli abitanti. Non c’è presunzione, arroganza, non ci sono i soldi, c’è soltanto la volontà di promuovere quella che in fondo è la loro bellezza».

Mai nessun atto di vandalismo, cos’è che sta a cuore ai residenti?«Il sentire, una volta tanto, un cuore che parla. A loro è caro il mondo della chiesa, delle associazioni, delle società sportive. E quello che la Fondazione ha realizzato è stata un’opera che ha parlato al cuore della gente. Spesso con un linguaggio un po’ più difficile perchè parlare al cuore della gente in nome dell’estetica è più complicato, ma ci siamo riusciti. I cittadini di Librino rispondendo a quest’opera con il cuore l’hanno rispettata e mai deturpata. Nei prossimi giorni inaugureremo la Porta delle farfalle e c’è un totem pubblicitario con su scritto: “U rispettu è misuratu, cu u potta, l’avi puttatu”. Ecco questo è il senso. Questo rispetto della res pubblica, Librino lo ha manifestato nel proteggere e custodire la bellezza: e dopo 15 anni vengono nuovamente premiati perchè sono parte attiva della bellezza, sia loro che i loro figli. E questo è il risultato della nuova realizzazione. Oggi siamo alla condivisione di un processo artistico che riguarda non solo Librino, ma anche tutta la Sicilia con gli studenti dei vari licei artistici dell’isola. Librino quindi rappresenta non solo Catania, ma la porta della bellezza della Sicilia».

Chi semina raccoglie…«Beh, sì. Anche se io potrei anche parlare di ingratitudine. E penso a quanto accaduto a Mario Venuti, a quanto lui sia arrabbiato. Io ho imparato una regola universale: a ringraziare l’ingratitudine. Perchè quando tu doni e ti mostri come esempio, spesso trovi ingratitudine. E quando l’ingratidutine ti ci fa rimanere male, quello è il danno. È il pensiero del male. Rimanerci male è anche figlio del nostro ego, della nostra eccentricità e è proprio quando il male si manifesta come nel caso di un’aggressione che si innescano sentimenti che non sono di bellezza. Mentre se impari a ringraziare l’ingratitudine non ci rimarrai più male e continuerai a praticare bellezza. Io di questa disciplina ho fatto tesoro….».

Qual è il suo rapporto con il quartiere?«Di cuore e di identità. Io per fare tutto questo sono stato per quattro anni lì, nelle scuole e con la gente di Librino. Questo mio stare con loro mi ha fatto diventare automaticamente uno di loro. Non sono un artista che va a Librino, ma un cittadino di Librino».

Così facendo, loro queste opere le sentono casa?«Sì. Se io vengo a casa sua e le porto dei fiori, è un regalo. Ma se io vengo a casa sua e insieme con lei io pianto dei fiori è un’altra visione. Ecco io è quest’altra visione che prediligo, ho sentito la necessità di piantarli insieme questi semi di bellezza, insieme con tutti quelli che vi abitano. Questo deve fare un buon artista, un buon progettista, un buon architetto, invece di andare a imporre l’autoreferenzialità delle sue idee. In questi luoghi, soprattutto nelle periferie, bisogna andare insieme con i bambini e piantare quei fiori. Per l’unica bellezza: il futuro».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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