Anno giudiziario, Ardita su prescrizione: “Preoccupati per imposizione dei tempi”

Di Redazione / 01 Febbraio 2020

CATANIA – «Non si deve tacere di fronte a ciò che si ritiene sbagliato, in democrazia è inaccettabile imporre e subire condizionamenti nella espressione delle opinioni. Ascoltiamo per questo preoccupati, ma non in silenzio, notizie di possibili riforme che vorrebbero imporre i tempi della Giustizia, prevedendo sanzioni disciplinari per i magistrati in caso di durata superiore a quella prevista». Lo ha detto il componente del Csm, Sebastiano Ardita, all’inaugurazione dell’Anno giudiziario nel Distretto di Catania.


«Attendiamo di leggere il testo finale della riforma – ha aggiunto il magistrato – ma vogliamo sperare che le anticipazioni di stampa siano imprecise perché, come abbiamo avuto modo di osservare, rispetto alla durata dei processi, le variabili sono dettate dalle norme che richiamano la responsabilità politica del Governo e del Parlamento. Mentre l’eventuale colpa del giudice, oltre ad essere facilmente individuabile, viene prontamente rilevata e – come vedremo – rigorosamente sanzionata. Quella di prevedere per legge la durata dei processi – ha osservato Ardita – è dunque una misura disarmante per la sua ingenuità e ricorda tanto l’antecedente del tumulto di San Martino del 1628 ricordato da Manzoni: l’editto con cui il gran cancelliere Ferrer pensò che fosse possibile con un suo provvedimento di abbassare il prezzo del pane. Le conseguenze di quel decreto culminate nella rivolta sono note a tutti. Non è questa dunque – conclude il componente del Csm – la strada da seguire per riformare la giustizia».  

«Abbiamo il dovere della chiarezza, della denuncia, della nettezza delle posizioni, senza il timore di apparire irriverenti se diciamo che la Giustizia non funziona, che il re è nudo. Non si tratta affatto di ricercare soluzioni che conculchino diritti o impongano sanzioni ingiuste, ma solo di garantire un risultato minimo: la fisiologica celebrazione dei giudizi», ha aggiunto Ardita sottolineando che «per questo appare irricevibile ed inqualificabile l’atto di ostracismo che giunge dalla Camera Penale di Milano nei confronti di Piercamillo Davigo ed altrettanto incomprensibili le prese di distanze che arrivano anche dall’interno o gli inviti alla moderazione che sanno di vecchio regime consociativo». «La giustizia – ha aggiunto – soffre per la presenza di corporazioni e di potentati – non solo esterni ma anche interni alla magistratura – abbiamo bisogno di confronto, di dibattito, di fresco profumo di libertà, non di censure o di messe al bando». 

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