Dopo mezzogiorno una donna rovista tra i resti di frutta e verdura, ai margini dell’enorme piazza, mentre il vento sibila tra le bancarelle dove gli ultimi avventori cercano le offerte al risparmio per mettere insieme pranzo e cena: il mercato storico di piazza Carlo Alberto è l’anima popolare della città in piena depressione economica, perché alla lunghissima crisi che l’ha colpito, agli effetti della pandemia ancora pesanti, si aggiunge ora il nuovo scenario di crisi che ha portato all’impennata dei prezzi di qualsiasi prodotto debba essere trasportato.
Invece qui i prezzi vanno tenuti il più possibile stabili, anche se peperoni e melanzane “volano”, altrimenti è inutile anche “calare” alla Fiera e provare a guadagnarsi la giornata. Se serve, proponendo pure le offerte “3X1” modello ipermercato dei cestini di verdura. Una lotta per la sopravvivenza sempre più aspra e più amara che accomuna chi vende e chi compra, da quando il dramma dell’Ucraina ha smorzato la liscìa che fino a un mese fa rimbalzava tra le bancarelle, esorcizzando la fatica di tirare avanti che ora sembra molto più pesante.
«Se compriamo a costo più alto all’ingrosso dobbiamo per forza alzare un po’ il prezzo – dice Mimmo Rizza, uno degli operatori storici – molte verdure vengono da Adrano e allora il prezzo è quasi uguale. La gente non compra come prima, solo l’indispensabile, se in un giorno vendevamo venti cassette di lattuga ora a stento ne smerciamo cinque, il calo arriva al 70% e da un mese è tutto peggiorato».
«I peperoni sono arrivati 2,50 euro al chilo, qua è difficile venderli – dice Alessandro Termini, 40 anni di Fiera sulle spalle – con i costi di benzina dal Maas a qua non rientriamo nelle spese. Cerchiamo di garantire sempre una buona offerta, ma i catanesi non scendono più come prima, sono come intimoriti, e poi la Fiera ha bisogno di un rilancio. Ora comincia il periodo di fagiolino, piselli, cipolla nostrale e basilico, ma chi può dire cosa succederà?».
«È sempre più difficile, ma i prezzi cerchiamo di mantenerli stabili – dice uno degli operatori con postazione vicino alla basilica del Carmine – ma peperoni, melanzane e pomodori sono aumentati parecchio per i costi di trasporto da Vittoria e altri mercati. Ora i peperoni sono a oltre 2 euro al chilo, prima erano a 1,50, non ci guadagniamo quasi niente, invece cipolle e patate sono della zona, l’aumento c’è stato ma le vendiamo sempre a un euro, se no non mangiamo». In un bancone del pesce la scelta è quasi nulla, perché in mare come nelle campagne il nuovo dramma del lavoro è il costo esorbitante del trasporto, così la giornata di contrattazioni si chiude al ribasso, con una domanda che sembra rimbalzare da un lato all’altro della piazza, più semplice e chiara di tante analisi geopolitiche: «Viremu chissu quannu cia finisci ccu ssi bummi», ma la risposta si perde nel vento.