Catania – «La Ctn nazionale non è stata coinvolta nell’organizzazione del concorso, malgrado abbia sempre assicurato una formazione riconosciuta di alto profilo professionale e morale». È questa l’unica considerazione fuori da una linea di estrema prudenza che Pietro Giglio, presidente del Collegio nazionale delle guide alpine italiane (Conagai), compie nel commentare lo scandalo che ha travolto le guide vulcanologiche siciliane.
La Ctn non è altro che la Commissione tecnica nazionale del Conagai, organismo tecnico che avrebbe potuto fornire degli esperti per il ruolo di esaminatori nel concorso per l’abilitazione di nuove guide dell’Etna finito nella bufera parentopoli. Né l’assessorato regionale del Turismo, né il Collegio delle guide hanno chiesto aiuto alla Ctn nelle settimane in cui le selezioni venivano approntare. Non ne avevano l’obbligo, ma secondo il valdostano Giglio ciò avrebbe potuto allontanare le ombre del malaffare che la Procura di Catania ha messo nero su bianco.
Il presidente delle guide dell’Etna Biagio Ragonese, il suo vice Orazio Distefano e il consigliere del direttivo Antonio Rizzo – indagati – sono accusati di aver favorito i propri figli, passandogli, in barba all’altra novantina di partecipanti, il tracciato del percorso della prova fisica del concorso e altre informazioni sui quiz. I tre giovani sono oggi guide vulcanologiche, mentre altre decine di partecipanti esclusi hanno presentato esposti in procura e ricorsi amministrativi per far valere le loro ragioni. Le presunte manovre fraudolente sono poi finite nell’inchiesta sul monopolio del turismo sull’Etna dell’imprenditore Francesco Russo Morosoli, ai domiciliari così come due suoi strettissimi collaboratori e il funzionario del Comune di Linguaglossa, Franco Barone, con l’accusa di aver turbato gli appalti per il servizio di escursioni in jeep sull’Etna. Il capo delle guide, Ragonese, avrebbe avuto anche il ruolo di informatore locale di Russo Morosoli e per questo le sue conversazioni venivano intercettate dai magistrati.
Di fronte a questo scenario, il presidente nazionale delle guide alpine, ha scelto la linea del garantismo. Con una nota il Conagai ha chiesto alla Procura etnea notizie formali sull’iscrizione fra gli indagati dei vertici del Collegio siciliano. «Non possiamo essere il tribunale del popolo – spiega Giglio – ma vogliamo compiere un’analisi approfondita della situazione e valutare gli opportuni provvedimenti». Un primo passaggio si consumerà a Milano, dove il direttivo del Collegio etneo è stato convocato «imperativamente» per i prossimi giorni -, la data non è stata divulgata. Non è escluso che in quella sede verrà chiesto agli indagati di dimettersi, a meno che la mossa venga anticipata da un passo indietro autonomo di cui al momento nemmeno si vocifera. Prudenza anche da parte dell’assessore del Turismo, Sandro Pappalardo, sebbene disponga del potere di vigilanza sul Collegio delle guide. Gli esclusi dal concorso evocavano il commissariamento, l’assessore – ad ora – ha solo chiesto allo stesso direttivo nella bufera di sospendere l’efficacia del tesserino delle 19 guide abilitate con il concorso-parentopoli.