corruzione e truffa
Aci Sant’Antonio, le carte che scuotono il Comune: “Gestione poco limpida sui fondi per la ricostruzione”
La Procura insiste sulle misure cautelari nei confronti dell'ex giunta, ecco cosa scrive la pm nell'appello al Riesame
Ci sono tanti omissis e anche l’accenno a un secondo filone investigativo che è tutt’ora in corso. Le carte dell’inchiesta sulle pratiche dei fondi della ricostruzione del terremoto di Santo Stefano che sta scuotendo il comune di Aci Sant’Antonio non scoperchiano un vaso di pandora. Perché gli indagati, almeno una parte dei 36 iscritti, sapevano già di essere nel mirino della magistratura catanese.
Lo mette nero su bianco la pm Rosaria Molè nell’appello cautelare con cui chiede al Tribunale del Riesame di rivedere le valutazioni del gip Stefano Montoneri con cui il 5 maggio scorso (e cioè in piena campagna elettorale) rigettò la richiesta di misure cautelari e interdittive nei confronti dell’ex sindaco Santo Caruso, di tutti gli esponenti della sua ex giunta (per l’attuale sindaco Quintino Rocca si chiede una sospensione), per diversi funzionari (tra cui Rosa Mammino, funzionario tecnico del terzo settore lavori pubblici e protezione civile e rup preposto alla trattazione dei procedimenti amministrativi relativi ai contributi pubblici stanziati per il ripristino delle abitazioni danneggiate) e diversi professionisti che avrebbero vistato le pratiche. In particolare emerge la figura di Angelo Patanè, tecnico indicato dagli investigatori «come prestanome della Mammino» e «veicolo per l’incasso delle somme da destinare a quest’ultima».
Le accuse a vario titolo si muovono dalla corruzione, alla truffa ai danni dello Stato, passanto per i falsi ideologici in atti pubblici e la soppressione e distruzione di atti veri. Per capire la mole di contestazioni mosse, basti pensare che l’appello della procura è 90 pagine e 81 sono solo i capi d’imputazione. La pm Molè lo scorso 7 aprile 2023 ha depositato una richiesta di misura che si articola in 740 pagine, per il gip «le indagini hanno dimostrato la sussistenza dei profili di gravità indiziaria ma c’è carenza sulle esigenze cautelari, in particolare sotto il profilo dell’attualità». E per questo motivo ha rigettato.
Il prossimo 13 settembre ci sarà l’udienza davanti al Riesame, collegio presieduto da Gabriella Larato, e si discuteranno i motivi secondo cui la Procura il gip ha errato nel non disporre i provvedimenti. La procura ha evidenziato nell’appello come «nonostante Caruso e Mammino fossero consapevoli di essere sottoposti a indagini poiché destinatari delle notifiche degli avvisi di proroga anziché ravvedersi ed interrompere le attività delittuose programmate continuavano a pianificare e portare a compimento ulteriori reati» e per «sottrarsi alle investigazioni e ai successivi accertamenti» consigliavano agli altri indagati di evitare di parlare al telefono.
Diverse pagine sono dedicate a Caruso (per cui la pm ha chiesto i domiciliari) che «come ex sindaco assieme a Vincenzo Lauria (in qualità di responsabile del VI settore urbanistica) nel corso del 2022 attraverso una gestione poco limpida e in fase di approfondimento investigativo riusciva a ottenere dal commissario straordinario il contributo pubblico di un milione di euro in relazione al progetto di intervento per il miglioramento sismico dell’edificio comunale di via Umberto 1 edificio mai indicato dall’amministrazione comunale come colpito e danneggiato dall’evento sismico del 26 dicembre 2018 e poco tempo dopo, all’improvviso, divenuto tale». Mammino e Patanè, per cui è stato chiesto il carcere, inoltre avrebbero già a gennaio 2020 conversato al telefono «di trattare una decina di istanze per la ricostruzione di immobili» anche se in quel periodo la fase della concessione dei fondi non era stata ancora avviata. Sui falsi, che toccano l’attuale sindaco, la pm è lapidaria: «La falsificazione era ormai un vero e proprio modus operandi e tale rimarrà fino a quando i soggetti coinvolti si occuperanno della gestione della res pubblica».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA