Abbattere gli archi della Marina, sì o no? A Catania sono fonte di polemica fin dal 1861

Di Santo Privitera / 22 Settembre 2024

L’estate è agli sgoccioli. Scorrono i titoli di coda. Il caldo, almeno qui in Sicilia, sembra volere resistere malgrado la comparsa delle prime timide piogge. Dalle nostre parti non è inusuale. Che qualcosa sotto l’aspetto ambientale stia cambiando, è innegabile. È ancora troppo presto per mettersi alle spalle una stagione “bifronte” come quella di quest’anno. “Bombe d’acqua” al nord, siccità al sud: i fiumi esondano e i torrenti che si ingrossano paurosamente. Ci ricorda una famosa fiaba che ascoltavamo da bambini. Due regni divisi da una barriera climatica estrema: da un lato il sole, dall’altro la pioggia. Di solito, il ritorno dalle ferie coincide con il riaprirsi di antiche questioni ancora non risolte. Sembra fatto a posta. Esattamente quello che sta accadendo a Catania.

Simbolo della città nel mondo

Qui il meteo però non c’entra. Persistendo il quesito, il clima rischia di farsi davvero rovente. In questi giorni è riesplosa la questione sugli archi della Marina. Sono da abbattere oppure da lasciare al loro posto? Il riaffacciarsi del progetto meglio conosciuto come “waterfront”, prevede l’interramento della ferrovia e la possibile eliminazione dei 56 archi esistenti (o una notevole parte). Un progetto urbanistico “enorme”, per niente indolore visto che alcune zone popolari del centro storico verrebbero stravolte. A parte i disagi che potrebbero derivare dai lavori, c’è il lato affettivo. Gli archi della Marina sono simbolo della nostra città nel mondo. Il primo monumento che i croceristi incontrano. Una immagine che i turisti associano alla città. Cartoline, foto, filmati d’epoca lo testimoniano. Il detto: «S’arridduciu a dommiri sutta l’acchi da’ marina» non è affatto dispregiativo; è invece un malinconia verso chi è stato colpito dalla sfortuna.

“Restituire” il mare ai cittadini

Indipendentemente dei vantaggi urbanistici che l’iniziativa potrebbe comportare in chiave futura, l’eventuale attuazione del progetto è ben lungi dall’essere accettato. «Ma chi su pazzi!!??… chi ‘mpacciu ci pottunu l’acchi da’ marina?». L’interrogativo in questi giorni sta correndo di bocca in bocca tra i catanesi. Nei social soprattutto, dove la maggioranza dei cittadini si dice contraria.
Potrebbero rimanere dove sono, ma in tal caso la loro funzione dovrebbe cambiare. Non mancano certo le idee sul possibile impiego alternativo alla ferrovia, il punto però sembra essere altro. Il vero obiettivo dei promotori, sarebbe quello di “restituire” il mare ai cittadini. Un vecchio “pallino” che ritorna a distanza di oltre un secolo e mezzo. Nessuna meraviglia: quando si parla degli archi, la polemica è servita. È stato sempre così. Il terreno è quantomai scivoloso, proprio come quella conosciutissima filastrocca che recita: «N‘a calata da’ marina sciddicau ‘na signurina…».

L’amministrazione cittadina era contraria. Decise il governo

La loro origine risale al 1861 quando venne deciso che la rete ferroviaria statale da Messina attraversasse Catania e da qui proseguisse per Siracusa lungo la litoranea. Il progetto governativo fissava il tracciato della linea ferrata lungo la costa mentre gli amministratori catanesi contrari a creare una “cortina di ferro” che allontanasse la città dallo Jonio, proponevano di far passare i binari dalla parte più a nord. Una soluzione, questa, ritenuta più ecologica e meno invasiva perché una diversa scelta avrebbe causato la rimozione di migliaia di metri cubi di roccia lavica, l’abbattimento di numerosi caseggiati e di una importante chiesa. Ciò che poi è avvenuto. Il “braccio di ferro” si concluse con un atto di imperio: il governo tirò dritto. D’altronde, a quel tempo gli archi vennero costruiti non sulla terraferma rispettando appieno la vocazione marinara della città. Nacque anzi un piccolo “porticciolo” dove barche e paranze potevano attraccare liberamente, consentendo ai marinai di vendere facilmente il loro pescato.
L’ingegnere francese Petit, autore del progetto, non poteva prevedere che col tempo quel tratto di mare sarebbe stato prosciugato per farne una grande piazza. La solenne inaugurazione ufficiale avvenne nel giugno del 1866. Le cronache descrivono di una città in festa. Nella vicina piazza suonò la Banda civica diretta dal M° Martino Frontini, mentre il passaggio del primo treno venne saluto da fragorosi “salve” di cannoni dal Castello Ursino. Per l’occasione venne anche coniata un’apposita medaglia commemorativa in argento. E non mancò chi espresse in versi questo significativo momento storico per la propria città: «U trenu a stamatina/passàu sutta l’archi d’a marina;/ fu chistu ‘n gran successu,/ Catania camina ccu progressu».

Pubblicato da:
Leandro Perrotta